Una verticale pressoché inedita nel suo genere che vede protagonista uno dei vitigni simbolo della viticoltura altoatesina e il vino principe dell’azienda Cantina Bolzano

Lui, il Lagrein, di cui abbiamo parlato ap profonditamente nel numero 12 de L’Assaggiatore, è il protagonista “maschile”, accanto alla Schiava, della vitivinicoltura rossa dell’Alto Adige. Un vitigno vigoroso e forte, sebbene la tradizione l’abbia voluto per anni declinato in gradevoli versioni kretzer, rosate, che stanno lasciando sempre più spazio a vini rossi di grande carattere e personalità, eleganti e, a quanto pare, anche piuttosto longevi. Abbiamo avuto un assaggio di questa longevità a Cantina Bolzano, real tà cooperativa nata dalla fusione, avvenuta nel 2001, tra la piccola cooperativa di Santa Maddalena e l’originale nucleo sorto a Gries nel 1908, dove il Lagrein è di casa con ben 70 ettari vitati sui 340 totali.

Nel cuore di Gries, sede dell’omonima abbazia e azienda che avrebbe dato i natali al Lagrein, sorge il vigneto più importante e rappresentativo della produzione, Maso Taber, un appezzamento di circa 1,7 ettari ed il vigneto più antico dell’azienda, con viti fino a 100 anni d’età, che insistono su suoli alluvionali e ben assolati a 250 m s.l.m. La prima annata di Lagrein Taber Riserva è stata prodotta, in modo sperimentale, nel 1988; dall’anno successivo si è iniziato a ridurre notevolmente le rese, incrementando la qualità della produzione, che oggi si è stabilizzata su 60 ettolitri per ettaro, pari a circa 13mila bottiglie

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Stephan Filippi (in foto), enologo di Cantina Bolzano dal 1988, è tra i massimi conoscitori ed estimatori del Lagrein sul territorio e lo descrive come «un vitigno difficile, perché necessita di essere contenuto in fase produttiva, in quanto molto vigoroso e generoso, pena grappoli troppo grossi e mosti scarichi. Mio malgrado, da enologo, devo ammettere che con il Lagrein il grosso del lavoro in realtà va fatto in vigna».

Non a caso quindi il Lagrein Taber è stato il vino “pilota” del Progetto Qualità, programma che si concentra appunto sul vigneto, intrapreso da Cantina Bolzano proprio nel 1988. Un progetto che include oggi tutta la linea delle Riserve e dei Cru, coinvolgendo oggi 83 viticoltori proprietari di 118 ettaridi vigneti che rispondono a rigidi standard di posizione, terreno, densità d’impianto ed età delle piante, e che sarà ulteriormente favorito dal rinnovamento logistico di cui l’azienda si è recentemente resa protagonista.

La vendemmia 2018 si è svolta infatti nei locali della nuova struttura polifunzionale, uno spazio di 16.000 metri quadri e 5 piani, che si estende appena fuori dalla città. Un cambiamento radicale rispetto alla piccola cantina storica che sorgeva proprio al centro di Bolzano, quindi, ma reso indispensabile dalla crescita che il gruppo ha avuto a partire dal 2001 e che oggi lo vede coinvolgere 220 soci per una produzione totale di 3 milioni di bottiglie. «Avendo l’opportunità di costruire da zero – racconta l’enologo Filippi – abbiamo volutamente creato una struttura sovradimensionata rispetto alle nostre necessità, con l’obiettivo, tuttavia, non tanto di aumentare la produzione, ma di migliorarla, avendo la possibilità di gestire in modo finalmente organizzato, cadenzato e separato tutte le fasi di lavorazione, dalla consegna dell’uva all’imbottigliamento».

Aspettando di assaggiare nelle prossime annate gli esiti di questo ambizioso progetto, facciamo un tuffo nel passato attraverso dieci annate di Lagrein Taber – dal 1998 con un piccolo salto al 2004 e 2005 per arrivare d’un fiato dal 2010 al 2016 – per apprezzare, invero cosa non frequente con questa varietà, l’evoluzione che il Lagrein sa mostrare nel tempo, nella lettura che l’azienda ha saputo fare delle diverse annate. Tutti i vini sono da uve Lagrein in purezza e hanno subìto la medesima lavorazione in cantina, ovvero fermentazione in botti di legno, con follature manuali, e affinamento per circa un anno in barrique francesi per 1/3nuove, 1/3 di un anno e 1/3 di due.