Una storia di tempo, uva e famiglie, in un paesaggio e in un’architettura unica nel panorama del vino italiano e mondiale, proprio nel cuore del Chianti Classico
«In un istante, passato e presente convergono; una sensazione che non ho mai provato prima. Mi trovo al castello di Windsor per ammirare la collezione reale britannica dei disegni di Leonardo da Vinci». Questo l’attacco del servizio di Claudia Kalb, nell’ultimo numero del National Geographic, in merito ai 500 anni della morte di Leonardo da Vinci. Nelle opere, nei disegni, nei progetti, così come negli studi e nei pensieri del genio di Anchiano il tempo coincide sempre, in una essenzialità e precisione che è metronomo stesso dell’opera. A misurare e descrivere, con assoluta accuratezza e perizia per l’epoca, il tempo di Leonardo erano gli strumenti (orologi solari, notturni o astrolabi), di un’antica famiglia di origine fiorentina, i Della Volpaia, rigorosamente con la “d” maiuscola, perché mai nobili.
Lorenzo della Volpaia era confidente, oltre che un “fornitore”, di Leonardo, un consulente tecnico, diremmo oggi, noto al mondo per aver costruito, in nome e per conto dei magnifici Medici, l’orologio planetario ancora oggi visibile a Palazzo Vecchio. Il tempo, passato e presente, converge oggi a Volpaia, borgo medievale e rinascimentale del contado di Radda, costruito e perfezionato da questa famiglia di tecnici e inventori, dove vino e scienza, arte e cultura risuonano nei sassi così come nei tralci e nei calici di Chianti Classico; espressione liquida e multiforme di quegli orizzonti geniali dove, sovente, uomini e donne si perdono in una eterna infatuazione. Questo stesso rapimento dovette, alla fine degli anni Sessanta, coinvolgere Raffaello Stianti, titolare all’epoca, insieme al fratello Alfredo, della storica tipografia Officine Grafiche Fratelli Stianti, in quel di San Casciano in Val di Pesa. La passione per la caccia lo portò a Volpaia, l’amore per la figlia Giovannella lo spinse a farne dono in occasione del matrimonio con Carlo Maria Mascheroni, appassionato velista, consulente commercialista di grandi editori e, soprattutto, percorso da un amore indicibile per il Chianti e le colline di Radda. Alla coppia Giovannella e Carlo si deve, dal 1967 in poi, il decollo qualitativo, di immagine, ambientale e architettonico di Castello di Volpaia, a cominciare dal borgo risalente all’XI secolo per finire con la produzione di vino, olio extravergine di olive e aceto.
«Ancor prima che mio padre comprasse borgo e tenuta – racconta Giovannella Stianti Mascheroni – c’erano tre famiglie con tre cantine di fermentazione: una aveva il legno, l’altra il cemento e l’ultima il ferro isosmaltato. Le tre proprietà sono state da noi riunite in un’unica dimensione. Erano tempi in cui, per dirla breve, si potevano fare delle cose che oggi non sarebbero state permesse, come l’interramento dei fili elettrici per tutto il borgo, ovviamente a nostre spese, e altre migliorie. Le vigne, in quegli anni, non erano molto diverse, per ubicazione, rispetto alle odierne, ma la viticoltura sì. Chi ci aiutava – ricorda – era un fattore con la quinta elementare, un uomo semplice ma preparatissimo, tant’è che aveva capito come controllare l’andamento della fermentazione mettendo sopra i tini dei teli bagnati per abbassarne la temperatura». La rivoluzione di Volpaia, pacatamente raccontata dalla voce e dagli occhi luminosi e profondamente acuti della signora Giovannella, fu, in realtà, prorompente, sebbene nell’alveo di uno stile elegante e sempre rispettoso dell’unicità dell’habitat del territorio di Radda. L’intelligenza e la lungimiranza di Carlo Mascheroni posero non solo le basi di una cantina moderna, ma anche di un’azienda vinicola che oggi definiremmo polifunzionale e integrata, genuino esempio per l’intera denominazione.
«Amava la vela e le Celtiques (storico marchio di sigarette francesi, N.d.R.). La vela per molti anni in solitario, tanto da essere il primo con Doi Malingri ad attraversare da solo l’Oceano. Da quando aveva smesso la vela da solo, aveva smesso anche di fumare le Celtiques. Ma amava anche la compagnia, in Chianti o a Milano, dove riempiva la conversazione di ironia». Questo scriveva Paolo Panerai su Italia Oggi il 31 marzo del 2017, in ricordo dell’amico scomparso qualche giorno prima, e ancora: «la sua professionalità la donava anche ai sindaci dei comuni chiantigiani e al Consorzio del Chianti Classico, di cui avrebbe dovuto essere più volte presidente mentre si è trovato quasi sempre a essere minoranza, per il suo ragionare più alto e più nobile degli altri». Parole che raccontano un pioniere, un sognatore e, forse, anche uno dei padri della moderna viticoltura italiana in terra chiantigiana. «Mio marito – rammenta Giovannella – era un uomo che seguiva le passioni, la vela, il vino ecc., un visionario insomma. I costi e la follia di continuare a utilizzare edifici del 1100 sono stati ingenti. Dopo i fili della luce ha collegato gli edifici di Volpaia facendo passare sottoterra i tubi che trasportavano il vino. Una cosa impensabile per molti, ma non per lui. Per non parlare poi della ristrutturazione degli edifici e di molto altro. Oggi diciamo che tutto questo è valso, per la produzione di vino e per il turismo del borgo, ma lui ed io non l’avevamo progettata così, non pensavamo di fare turismo e attività collaterali al vino; forse lui, in fondo, aveva questo disegno alto, ma non era palese. Abbiamo mantenuto il borgo – prosegue – le costruzioni, realizzato la cantina al suo interno, senza dislocare in un capannone, sacrificando guadagni, forse anche opportunità, e il valore stesso degli immobili; ma a distanza di anni mi accorgo che abbiamo fatto bene».
Cinquanta gli ettari vitati, con 16 di oliveto (Frantoio, Moraiolo, Leccino e Cipressino), il resto, essenzialmente bosco e seminativi su una superficie totale di 370 ettari. Il vigneto, condotto a biologico, è ubicato in una fascia collinare tra i 400 e i 600 metri di altitudine, perfetta per scongiurare gli effetti delle nebbie e dell’umidità, nonché ottimale per la maturazione dei grappoli, il drenaggio del terreno e la ventilazione. I suoli sono essenzialmente composti da Macigno del Chianti, con galestro e alberese in misura inferiore. Le parcelle, i cru, le vinificazioni separate, l’attenzione alle temperature in cantina e in vigna alle maturazioni fenoliche, insieme alla maestria nella gestione dei legni, di varie dimensioni, sono poi la matrice di una filosofia produttiva ad alto tasso di territorialità, gestita oggi al meglio da Federica e Niccolò Mascheroni Stianti, figli di Giovannella e Carlo, coadiuvati dal più che valente Lorenzo Regoli, deus ex machina di Volpaia e uomo che, secondo le “indiscrezioni” di mamma Giovannella, «segue le follie di Carlo alla ricerca della massima qualità che questo territorio può dare».
È proprio Federica ad accompagnarci attraverso gli edificicantinefrantoio del borgo, un posto unico al mondo nel sinolo tra viticoltura, arte e architettura storica della campagna senese, dove, a ogni passo, si respira l’aria dei duelli tra Guelfi e Ghibellini che, per anni, si contesero questo borgo strategico, così come pare di ascoltare il rumore sordo dei calzari dei cavalieri di San Giovanni che ne fecero una loro commenda per il passaggio dei pellegrini. «Dal 2010 – spiega Federica – mi occupo solo di vino, non solo qui a Volpaia, ma anche nella nostra tenuta in Maremma (PreliusCastelprile, N.d.R.). Vino, olio, aceto, ricezione, appartamenti, mostre, trattoria, visite e forno sono le mie belle occupazionipreoccupazioni giornaliere, qua e là attraverso il borgo, tra gli edifici di fermentazione e le bottaie». I tini di fermentazione sono pezzi unici calibrati per gli antichi caseggiati, in un assemblamentodei componenti che ha del sartoriale più che dell’enologico. Incredibile come gli spazi esterni nascondano agli occhi un mondo tecnologico fatto di termostati, computer, tubi e strumenti all’avanguardia, di cui ne sarebbero più che fieri, nonché curiosi, gli antichi orologiai Della Volpaia. «La gente pensa di entrare in una casa o in un palazzo medievale e invece si trova in una cantina o in una bottaia… questa è Volpaia», chiosa Federica. Di grande fascino anche la vinsantaia, con i grappoli appesi al soffitto e i vecchi caratelli intrisi di “madri” antiche, foriere di uno stile unico. Passando all’aspetto viticolo il Sangiovese è l’assoluto protagonista dei vigneti di Volpaia, declinato in una serie di etichette dall’alto valore territoriale ed espressione delle diverse facce del Chianti Classico e non solo, con un’attenzione particolare alla dimensione della parcella. «Ogni vigna ha il suo nome – conferma ancora Federica – come Balifico o Coltassala, in una piattaforma lievemente più ampia rispetto alla fine degli anni Sessanta. I vini sono espressione della terra e dello stile Volpaia, spesso di un solo vigneto, oppure, come nel Puro, frutto della selezione delle 25 viti di Sangiovese più antiche della tenuta,le ultime a piede franco». Sugli obiettivi futuri Federica Mascheroni Stianti, non si sbilancia, neanche dopo il successo del Chianti Classico Riserva 2015, al terzo posto della TOP 100 di Wine Spectator; anzi, alla domanda sorride, con gli stessi occhi di mamma Giovannella i quali, tuttavia, tradiscono una timidezza e una spontaneità che è l’immagine stessa di Volpaia: fiera, elegante, sobria; luogo di uomini, vino e natura dove, forse per un antico e invisibile sortilegio vergato tra le meridiane di un orologio solare, in un istante, passato e presente convergono.