Con il Vesuvio alle spalle, si lascia il brusìo del porto di Napoli per volgere la prua verso l’orizzonte. A catturare il nostro sguardo saranno i profili di Procida e Ischia, che placidamente riposano tra i flutti del mare. Furono forse proprio queste sponde, forgiate nel tempo dall’attività vulcanica, a ispirare Omero nel suo racconto dell’incontro tra Ulisse e la bella Nausicaa. Del resto, sono tanti gli elementi naturali che rendono Ischia un luogo ricco di fascino: dalle spiagge dei Maronti e di Citara, alle Terme naturali e i giardini La Mortella. La sua bellezza intrinseca, tuttavia, risiede nell’imprevedibilità di questi paesaggi, poliedrici e compositi, che consentono di passare dalla spiaggia alla montagna (che sfiora gli 800m con la sommità del Monte Epomeo) in pochi minuti di macchina. In questo paradiso terrestre, proteso fra cielo e mare, la viticoltura non è mai stata semplice: la conformazione stessa dell’isola obbliga a frammentare i vigneti, intervenire con muretti a secco per contenere i terrazzamenti e fronteggiare pendenze importanti che costringono a svolgere pressoché tutti i lavori manualmente. Sono degli “Angeli matti” questi vignaioli, come li ha definiti Veronelli, dediti a una viticoltura spesso ascrivibile alla definizione di “eroica” ed esposta a così tanti ostacoli da rendere il vino ottenuto un nettare ancor più prezioso.
Chi ha fatto di questa sfida la propria missione di vita è certamente la famiglia d’Ambra che produce vino da oltre tre generazioni «Mio nonno fondò l’azienda nel 1888 - Racconta Andrea d’Ambra, enologo e proprietario di Casa d’Ambra - e durante il secondo dopoguerra intuì che si trattava di un momento propizio. All’epoca Ischia era coperta da circa 2700 ettari di vigna, più della metà della superficie dell’isola; qui la fillossera arrivò molto in ritardo rispetto ad altri territori, così, sfruttando questo vantaggio, mio nonno iniziò a commerciare vino senza limitarsi a Napoli, ma spingendosi più a nord, verso le coste Toscana e Ligure». Don Ciccio, così era conosciuto Francesco d’Ambra, fu un vero antesignano per il vino d’Ischia sebbene la sua produzione fosse ancora limitata allo sfuso. Con l’ingresso in azienda dei suoi figli, Mario, Michele e Salvatore, padre di Andrea, un’ulteriore spinta di crescita propositiva accompagnò verso l’imbottigliamento del primo vino da Biancolella. Era il 1956 e, appena dieci anni più tardi, il 9 Maggio 1966, a coronamento dell’impegno profuso per consolidare l’identità enoica di questa terra, arrivò il riconoscimento della DOC Ischia, tra le prime tre in Italia pubblicate in Gazzetta Ufficiale (insieme a Vernaccia di San Gimignano ed Est! Est! Est! di Montefiascone), il cui disciplinare fu redatto integralmente da Salvatore con il supporto del fratello Mario per l’avanzamento della richiesta. L’obiettivo era dunque quello di salvaguardare e valorizzare la produzione vitivinicola isolana «Mio padre fu lungimirante - rimarca Andrea - poiché con questo disciplinare si tutelava, oltre al prodotto in sé, l’origine del vino, garantendo che la vinificazione e l’imbottigliamento avvenissero nella stessa zona di produzione».
La volontà di preservare il territorio nella sua interezza si riflette anche nell’impresa di Casa d’Ambra rivolta al recupero dei terreni abbandonati e del paesaggio rurale storico attuata negli ultimi 15 anni di attività. «È stato un passo molto importante – ribadisce Andrea – Io stesso mi sono impegnato anche nella costituzione di una cooperativa interna di oltre 100 conferitori associati da cui acquisto l’uva. In più, per non creare alcun conflitto di interessi, lasciamo che siano gli stessi viticoltori a stabilire il prezzo dell’uva, in base all’andamento dell’annata e alle altre variabili che possono concorrere di anno in anno».
Accanto al lavoro dei conferitori, Casa d’Ambra si avvale di 25 ettari, sparsi per l’isola, mentre, per quanto concerne le scelte di coltivazione, la propensione verso il rispetto dell’identità primigenia del territorio ha fatto preferire, quasi esclusivamente, vitigni autoctoni. Con una produzione incentrata per l’85% sui bianchi, primeggiano su tutti la Biancolella e la Forastera, accompagnate da Falanghina, altri autoctoni meno noti come l’Uva Rilla, e le uve a bacca nera tra cui Per’ ‘e Palummo e Aglianico.
Tra i vigneti di proprietà, la punta di diamante è senz’altro Tenuta Frassitelli, situata a circa 600m slm e caratterizzata da forti pendenze sostenute da parracine, i tipici muretti a secco in tufo verde. Veronelli, molto amico di Mario d’Ambra, valutò quel vigneto, acquisito tra gli anni ’60 e ’70, tra i più belli mai visti e consigliò di vinificarlo separatamente. Sarà solo nel 1985, però, che Andrea, persuaso dalle parole di Veronelli, selezionerà le uve per trasformare quel prezioso suggerimento in quello che è tutt’oggi il vino simbolo dell’azienda: il Frassitelli, da uve Biancolella in purezza, coltivate a picco sul mare.
«L’appellativo di “viticoltura eroica” non è sempre usato nei contesti dovuti – riflette d’Ambra – ma nel caso di Tenuta Frassitelli è l’unico modo possibile per definire ciò che facciamo. Basti pensare che per raccogliere l’uva sono obbligato a utilizzare una piccola monorotaia con 600m di percorso». In assenza di pianure o vigneti estesi, è la stessa morfologia di Ischia a imporre una costante sfida ai viticoltori sia in termini di frazionamento delle parcelle che di complessità del lavoro da svolgere. È pressoché impossibile, infatti, pensare di poter meccanizzare le operazioni «Per questo è necessario porre l’accento sull’importanza della manodopera in un contesto come il nostro, dove è proprio quella manualità a fare la differenza nella realizzazione di un prodotto che non sarebbe altrimenti possibile. Ci sono appezzamenti così in pendenza che la vendemmia può essere svolta soltanto portando le cassette in spalla. Non è possibile mettere sullo stesso piano la viticoltura con giaciture in pianura, perché risulta sicuramente più “facile” – sentenzia con fermezza Andrea – A noi occorrono circa 2000 ore di lavoro per ettaro l’anno contro le 150-170 ore di un vigneto in pianura. E la nostra attività – conclude - non si limita a produrre vino, ma è, prima di tutto, volta al recupero e mantenimento del paesaggio».
Sono parole piene di orgoglio quelle di Andrea d’Ambra, non soltanto come enologo e produttore di vino, ma anche come esponente di una realtà territoriale unica come quella di Ischia. Non si può non rimanere affascinati dal fervore che alimenta il lavoro di questi vignaioli, così come tanti altri “eroi” sparsi in tutta Italia, come in Valtellina, in Liguria, sulle isole Siciliane, fautori di un prodotto che non si limita a essere un bene edonistico: è storia, paesaggio, sacrificio e desiderio di preservare tutto questo, trasferendolo al consumatore finale, sorso dopo sorso, come un antico racconto che tutt’oggi si tramanda di generazione in generazione.