Premesso che, vista la mia formazione classica, all’inglese in genere preferisco il latino, questa volta, mio malgrado, ho scelto di adottare un titolo che piacerà tanto agli anglofili. Secondo la definizione scolastica, con il termine marketing si identifica «un ramo dell’economia che si dedica all’analisi e comprensione di un determinato mercato di riferimento e allo studio delle esigenze del consumatore». Ciò detto, ci si deve subito domandare come possano essere conciliati i fine wines con le esigenze dei consumatori, posto che molti wine lovers (altro termine anglofilo) non considerano una “esigenza” acquistare grandi vini da investimento. Sempre tra le definizioni del marketing troviamo però anche questa: «il marketing è inoltre volto alla creazione del valore per il cliente, e uno dei suoi scopi è creare un posizionamento della marca (brand) nella mente del consumatore attraverso tecniche di brand management». Quindi il marketing può essere finalizzato a “creare” nel potenziale cliente un’esigenza che, in realtà, esso non considererebbe come essenziale ma che lo diventa grazie a una mirata campagna promozionale. Ecco, quindi, che si arriva alla definizione che più ci interessa: il luxury marketing. «Noto anche come marketing del lusso o marketing dei beni di lusso, questo è una branca specializzata del marketing che si concentra sulla promozione e vendita di prodotti e servizi di alta gamma. Ma per comprendere appieno questo concetto, dobbiamo prima comprendere cos’è il lusso. La definizione di lusso è in continua evoluzione, ma generalmente si riferisce a prodotti o esperienze che vanno oltre le necessità di base, offrendo un livello superiore di qualità, esclusività e status. Il lusso non è solo legato al prezzo elevato, ma anche all’artigianalità, alla rarità e al prestigio del marchio». Ciò premesso, proviamo ora a esaminare due esempi di luxury marketing nell’ambito dei vini rari e da collezione.

IL CASO BIBI GRAETZ

Da La Repubblica del 5 luglio 2024: «Centomila euro per una bottiglia di vino, è il costo più alto mai pagato per un’etichetta italiana. “I sogni non hanno prezzo” Si tratta di una Primat (27 litri) di Colore annata 2016 dello Château di Bibi Graetz a Fiesole. Un esemplare unico realizzato per festeggiare l’ingresso nella Place de Bordeaux. “Un riconoscimento per tutto il vino italiano” Conservata in una cassa speciale (come da foto) e fabbricata ad hoc, gli esperti del set tore affermano che si tratta di una vendita fuori dal comune.Un acquirente anonimo se l’è aggiudicata in un negozio specializzato di Zurigo, in Svizzera (ARVI). Avrebbe affermato che i sogni non hanno prezzo. Si tratta di un record per un vino prodotto nel nostro Paese. La bottiglia è conservata in una cassa fabbricata ad hoc con legno pregiato della barrique, dove il vino è invecchiato, e avvolto e protetto da acciaio inossidabile con l’inconfondibile firma di Bibi Graetz. La confezione ancora più prestigiosa conferisce grande prestigio al Primat di Colore 2016. Rinomato produttore di vino italiano,Graetz segue un approccio artigianale, lavorando con piccole quantità di uve provenienti da vigneti selezionati. È considerato uno dei produttori di vino più talentuosi e innovativi in Toscana, noto per la produzione di rossi toscani come il Colore, Testamatta e Soffocone di Vincigliata». Orbene, se è innegabile che una simile notizia ha garantito una enorme visibilità al produttore e sicuramente ha costituito uno stimolo alla creazione di un’esigenza nei potenziali clienti alla ricerca di “vini di lusso”, alcuni degli elementi della notizia stessa ci portano però a farci una domanda: un acquirente anonimo, che afferma che i sogni non hanno prezzo, che ha acquistato (o meglio “si è aggiudicato”) una bottiglia unica in un negozio svizzero: ma una simile notizia potrebbe anche essere solo frutto di una ben organizzata azione di marketing (a pensar male si fa peccato ma...)? Del resto, mi era anche venuto in mente di provare a contattare ARVI (che oltretutto ha due sedi a Melano e Lugano nel vicino Can ton Ticino), ma poi ho desistito considerando il rinomato riserbo svizzero sulle questioni di denaro. In fin dei conti, sia che questa storia di sogni ed acquirenti anonimi sia vera o non vera, alla fine quello che conta è che ha fatto parlare tutta la stampa, anche internaziona le, di un vino italiano.

L’UNICORN WINE DI ANTINORI

Dall’enciclopedia Treccani: «unicorno: animale favoloso»; «favoloso: ha carattere di favola, che appartiene o sembra appartenere al mondo delle favole, [...] straordinario, fanta stico». Dunque definendo un vino come un unicorno si può essere portati a pensare che esso sia al contempo straordinario ma parimenti leggendario e quindi non reale. Quanta può dunque essere l’aspettativa generata negli appassionati da una notizia, volutamente “vaga”, come la seguente (mail tra smessa da 26 Generazioni il 5/8/24): Celebriamo insieme questo traguardo speciale Festeggiamo insieme a voi i 200.000 followers su Instagram di Marchesi Antinori. MARTEDÌ 1 OTTOBRE, tornerà un vino eccezionale, introvabile, prodotto in sole 7.272 bottiglie, unicamente in annate straordinarie. Disponibile in esclusiva su 26 Generazioni per sole 24 ore o fino a esaurimento: aggiungi il promemoria al tuo calendario per non perdertelo martedì 1° ottobre. Orbene, quando il 5 di un caldo agosto si riceve una mail di questo tono (peraltro nella versione originale con un intrigante sfondo tutto nero e con un’immagine di una bottiglia indistinguibile), gli appassionati di grandi vini come il sottoscritto non possono che essere presi dall’ansia, aumento della sudorazione, insonnia e altri fenomeni patologici conseguenti all’attesa del 1° di ottobre, ma anche rosi dall’atroce dubbio di quanto sarà attivo il click day che potrebbe anche esaurirsi nel lo spazio di pochi minuti (provate a dividere 7.272 bottiglie per 200mila followers potenzia li acquirenti). Inoltre, altro effetto collaterale è la ricerca spasmodica di indicazioni su quale potrebbe essere il vino in questione (tipo toto tracce dei temi all’esame di maturità). In effetti, mettendo insieme le due indicazioni: Unicorn wine e 7.272 bottiglie, oltre alle notizie “carpite” in recenti visite, sia a Bargino sia a Palazzo Antinori, il novero dei vini papabili si restringe notevolmente, ma l’ansia rimane. Arrivato, quindi, finalmente il 1° ottobre, pochi minuti dopo le 15.00 il mistero è svelato: è lui, il San Walfredo 2019. San Walfredo? Chi era costui? avrebbe detto Don Abbondio. Ma, allora, questo vino non è favoloso nel senso che appartiene al mondo delle favole: esiste davvero! anche se per molti ristoratori ed enotecari esso è favoloso, ma nel senso che è poco conosciuto. Proviamo dunque a indagare. Sul sito di Antinori di questo vino non vi è traccia. Diversamente sul sito 26generazioni.com (wine shop ufficiale di Antinori) le informazioni “appaiono e scompaiono” quasi a voler infittire il mistero. Infatti, avendo avuto l’occasione di acquistarne alcune bottiglie nei mesi scorsi nelle citate visite, dello stesso in quel periodo non vi era traccia anche su 26generazioni.com, quasi fosse effettivamente un vino “favoloso”. Dalla scheda tecnica (oggi disponibile, ma non si sa fino a quando) si apprende che è stato prodotto per la prima volta nel 2016 in sole 3.370 bottiglie e, per inciso, ad oggi tutte esaurite. Non è stato poi prodotto nelle annate 2017 e 2018. Composto al 100% da Merlot, dalle note degustative si apprende che: «Al naso inizial mente è quasi (…) misterioso». Caspita, verrebbe da dire: non solo al naso!

CONSIDERAZIONI FINALI

Se è vera la legge di Say, secondo la quale: «l’offerta dei beni crea la propria domanda», non si può che fare tanto di cappello ad Antinori per la capacità di generare una tale aspettativa di un bene raro tanto da instillare nella domanda una sorta di “bramosia compulsiva” finalizzata ad accaparrarsi, in nemmeno 24 ore, le poche bottiglie disponibili e, rigorosamente, massimo una per capita (alias: a cranio). Per la cronaca il click day si è tradotto in un click hours, visto che alle ore 18 le bottiglie offerte erano tutte già esaurite. Resta però da capire se un simile vino (oggettivamente molto “giovane”) potrà effettivamente essere annoverato in futuro tra i fine wines, dato che la presenza del medesimo nelle aste degli ultimi anni è pressoché nulla. Di certo fa degna compagnia ad altri grandi Merlot in purezza. Ma del resto i misteri non possono essere svelati prima, sennò che misteri sarebbero. Alla luce degli eventi sopra descritti si può quindi affermare che anche nel campo dei vini da investimento diversi produttori hanno ben compreso e attuato le tecniche del “marketing del lusso”.

Il vino su cui scommettere: Per non essere accusato di partigi aneria verso uno dei vini sopra de scritti, segnalo: castellare dI castellIna I sodI dI san nIccolò

Resoconto aste Visto il periodo estivo appena concluso, si riportano i dati di una sola asta ad oggi conclusa, quella di Finarte del 8/9 Ottobre (prezzi compresi diritti d’asta): Bruno GIacosa Barbaresco santo stefano di neIve 1997 € 366 aldo conterno Barolo GranBussia riserva 2009 € 348 € 314 GB Burlotto Barolo monviGliero 2010 Giacomo conterno Barolo monfortino riserva € 1.098 tenuta san Guido sassicaia 1980 € 488 tenuta ornellaia masseto 2013 € 854