I Colli Euganei, in provincia di Padova, formano un comprensorio collinare dalla geologia affascinante e dall’immenso patrimonio culturale, che ha affascinato nei secoli molti illustri artisti. Qui risiede il Fior d’Arancio, tra le più celebri espressioni del Moscato giallo, in mirabile equilibrio fra storia e modernità

Quando si viaggia, lo si faccia per lavoro o per diletto, il primo impatto con i luoghi che si incontrano è il panorama. La veduta – il subitaneo colpo d’occhio – è il primo elemento di un territorio che resta impresso nella memoria, e anche il primo a influenzare la qualità della nostra percezione di esso. Da turisti, prima ancora di addentrarci in un museo o infilarci sotto l’ombrellone, il paesaggio di una città o di un litorale ce l’abbiamo già sotto le palpebre e ci ha già affascinato e incuriosito. Da enoturisti è la stessa storia: prima di visitare una cantina o assaggiare un vino, siamo già stati suggestionati dalla morfologia di vaste piane o terrazzamenti assolati, dei vigneti sui versanti, dei filari ordinati, della foggia delle colline che abbiamo attraversato per arrivarci. Soprattutto quello che rimane impresso del paesaggio è ciò che stupisce. Può essere, quindi, singolare immaginarsi ciò che colpì il geologo inglese John Stran ge quando, intorno al 1770, si trovò di fron te i Colli Euganei: figurò l’affiorare di questi straordinari rilievi conici e appuntiti dalla piana Padana quasi fossero «isolati come scogli nel mare». Definizione invero mol to evocativa, verso cui verrebbe spontanea l’analogia – per contesto morfologico – con lo stupore dell'esploratore Ernest Giles, un secolo dopo, trovatosi per la prima vol ta al cospetto del celebre massiccio Uluru (Ayers rock) svettante dal piatto e desertico outback australiano. In realtà, anche superato lo splendido impatto paesaggistico, i Colli Euganei si palesano come uno scrigno al cui interno si cela almeno tanta bellezza quanta se ne gode all’esterno: le forme aggraziate di queste colline disseminate di antiche ville, infatti, non solo hanno affascinato torme di geologi, ma hanno dato ospitalità e ispirazione a letterati di fama irraggiungibile. Faccia mo un pugno di nomi, per dar l’idea. Innanzitutto, il bellissimo borgo di Arquà Petrarca reca il nome dell’omonimo vate che vi soggiornò per qualche anno fino alla sua morte nel 1374; visse questa terra non solo come un luogo di riflessione, ma la amò al punto da discutere alla corte dei Da Carrara, signori di Padova, di un progetto di bonifica volto a rendere più fertili «questi vaghissimi e famosi colli Euganei ricchi del frutto di Minerva e Bacco». Quattro secoli più tardi, nel 1796, un diciottenne Ugo Foscolo trovò rifugio a Villa Manin, vicino ad Abano Terme dove – si ritiene – iniziò ad abbozzare e ambientare le sue Ultime lettere di Jacopo Ortis. Per non parlare poi di Villa Kunkler a Este, che fu dimora nientemeno che del poeta inglese George Gordon Byron e per sua intercessione, fra il 1817 e il 1818, ospitò Mary e Percy Bysshe Shelley. Quest’ultimo non fece incetta, nella sua opera, di riferimenti all’incanto dei Colli Euganei, ma ne lasciò di molto pittoreschi, ad esempio, nei capolavori Lines Written Among the Euganean Hills (1818) e Julian and Mad dalo: A Conversation (1819). E oltre agli autori già citati per il legame con i Colli Euganei, si potrebbero aggiungere alla lista nomi del calibro di Buzzati, Fogazzaro, Valeri, Ariosto, Zanzotto, Starnone. Se penne del genere hanno trovato qui un ideale locus amoenus, vien da chiedersi al winelover: non sarà che in mezzo a tutta questa tautologica bellezza na sca anche qualche capolavoro enologico? È così, ovviamente: gioco facile, d’altronde, nel nostro Belpaese in cui ogni angolo nasconde un’eccellenza enogastronomica e il vino è, a sua volta, portatore di cultura fra i più riconosciuti dell’era moderna. In questi colli, tuttavia, accade qualcosa di più. Accade che un’uva di radice piuttosto diramata come il Moscato giallo, ivi assuma sembianze talmente poetiche da nominarsi Fior d’Arancio. Bellezza anche semantica, quindi, in questo appellativo che conduce a circostanze leggiadre e nuziali e che pare trovar genesi in precisi frangenti consumistici del passato. È vero che le classi abbienti hanno sempre palesato, in fatto di vino, l’amore per ciò che è particolare, esotico, aromatico: tendenza che, già nel XII secolo, spinse il possidente Alberto da Baone a far sradicare i boschi circostante Este per impiantare viti provenienti da regioni straniere, per dare vini nuovi e più inclini a soddisfare i raffinati gusti nobiliari. Parimenti, pur molto tempo dopo, il Conte Pizzoni Ardemani – proprietario dal 1929 di Villa Barbarigo – incaricò l’arguto vivaista Agostino Martin di ricercare per le sue vigne un’uva originale: la risposta fu il Moscato giallo, e la giustificazione furono i suoi varietali, suadenti profumi di zagare, quasi ad occhi chiusi potesse evocare un agrumeto in fiore. Perciò, per la terra euganea fu Fior d’Arancio.

Vulcani verdeggianti

Non serve essere geologi per associare alla forma conica dei Colli Euganei un’origine vulcanica, e un altro banale indicatore è la presenza di rinomate località termali come Abano e Montegrotto. È noto che la pianura Padana, fino alla fine del Pliocene, fu ricoperta da acque marine che ne facevano un grande golfo, esteso fino all’attuale Piemonte. Sui fondali di questo mare, circa 43 milioni di anni fa, si verificarono attività eruttive e versamenti di lava basaltica si solidificarono a contatto con l’acqua costituendo una prima formazione di rilievi piuttosto bassi. Successivamente, in un periodo collocato circa 35 milioni di anni fa all’inizio dell’Oligocene, i fenomeni eruttivi ripresero in modo più cospicuo, innalzando quei rilievi fino alla suggestiva forma attuale e facendone emergere – si crede – le sommità dall’antico mare Padano, ricalcando curiosamente, in tempi non sospetti, la metafora del citato Shelley che paragonò i Colli Euganei visti da Venezia a «un grumo d’isole appuntite», probabilmente suggestionato dall’antecedente allegoria di Strange. Comunque sia, le caratteristiche pedologiche di queste alture sono molto varie anche a livello stratigrafico: innanzitutto perché il magma, sollevando il fondale, lo ha fratturato in modo eterogeneo; poi, perché nei milioni di anni successivi la continua erosione operata dagli agenti atmosferici ha disgregato in modo irregolare la matrice rocciosa di riolite, trachite e basalto (ma anche di rocce sedimentarie come scaglia, biancone e marna), plasmando sia declivi sinuosi che profili ripidi ed erti. I suoli che ne derivano sono conseguentemente di profondità molto varia, ben drenanti grazie alla buona presenza di scheletro e con un’ottima dotazione minerale sia in macro che in microelementi, il che li rende perfetti per produzioni vinicole di eccellenza ma anche, più in generale, fertili e floridi per la biodiversità ambientale. Dal 1989, infatti, i Colli Euganei sono un Parco Regionale esteso per 18.694 ettari: paradiso naturalistico, storico ed enogastronomico in cui la coltivazione della vite è fondamentale e contribuisce a impreziosire il paesaggio. Ovviamente, i vigneti si trovano sui pendii più praticabili, di norma in una fascia di altitudine fra 50 e 350 metri s.l.m. Il clima è particolarmente favorevole alla viticoltura, con inverni miti tipici delle regioni temperate e precipitazioni annue mediamente comprese fra i 650 e gli 850 mm, concentrate soprattutto in autunno e in primavera; le buone escursioni giornaliere non di rado si affiancano a fenomeni di inversione termica sulle alture. Tutto ciò fa sì che queste verdi colline regalino un’ampia gamma di condizioni pedoclimatiche che si possono sfruttare per la produzione e la valorizzazione di tipologie di vini molto di verse tra loro: esposizioni più fresche si prediligono, ad esempio, per vini base spumante o fermi per cui è importante preservare una certa carica acidica, mentre versanti che godono di un irraggiamento solare più efficiente e di microclimi a tratti mediterranei sono privilegiati per maturazioni più spinte o per vini passiti.

Aromi per eccellenza

In questo territorio si producono svariati tipi di vino. La DOC Colli Euganei, nata nel 1969, ammette infatti molte varietà di uva, sia rosse che bianche, sia autoctone che internazionali. Nel corso dei decenni, tuttavia, il vino da Moscato giallo si è sempre più caratterizzato e migliorato, ha cambiato marcia acquisendo non solo una grande nomea sotto l’appellativo “Fior d’Arancio”, ma a buon diritto anche il vessillo di tipicità del territorio Euganeo fino alla sua scissione dalla DOC Colli Euganei e al riconoscimento della propria DOCG nel 2010, con una coltivazione che attualmente si avvicina per questo vitigno ai 300 ettari. La denominazione Colli Euganei Fior d’Arancio comprende l’intero territorio dei comuni patavini di Arquà Petrarca, Galzignano Terme, Torreglia e, in parte, quello dei comuni di Abano Terme, Montegrotto Terme, Battaglia Terme, Due Carrare, Monselice, Baone, Este, Cinto Euganeo, Lozzo Atestino, Vo’, Rovolon, Cervarese S. Croce, Teolo, Selvazzano Dentro. Se già si è accennato all’etimologia e all’origine della diffusione “recente” di questo vitigno nel padovano, è tuttavia d’uopo menzionare testimonianze più antiche della presenza nell’area dello stesso. Come in molte altre zone del Veneto, anche sui Colli Euganei sono stati rinvenuti antichi reperti che parlano di vino già dall’epoca preromana; peraltro, in epoca romana, ciò è confortato dagli scritti di più d’uno storico. Mettendo sotto la lente d’ingrandimento il Moscato, le sue prime citazioni documenta te risalgono al XVII secolo e si riconducono al Portenari e al Cittadella; atti del 1879 lo posizionano già fra i vitigni tipici dei Colli Euganei. Come è noto, i Moscati – i più famosi vitigni aromatici grazie all’eccezionale dotazione terpenica – sono molti e formano una famiglia ben diffusa in varie zone d’Italia e del mondo: il Moscato giallo, di presumibile origine siriana, è meno diffuso del Moscato bianco e trova collocazione in particolare in poche zone dell’Italia nord-orientale come l’Alto Adige e, per l’appunto, i Colli Euganei, e ciò sarebbe avvallato da una teoria secondo la quale fu veicolato qui dalla Grecia per opera dei veneziani. Vitigno rustico e produttivo, regala grappoli medio-grandi, allungati, piuttosto spargoli e alati; gli acini sono di medie dimensioni, sferoidali, di un intenso colore giallo dorato e dal buon tenore di pruina sulla spessa buccia. La spiccata aromaticità naturale del Moscato giallo, che ne ha fatto un’uva gradita a tavola quanto in cantina, permette di trasferire spesso intatte al vino meravigliose note floreali, agrumate, muschiate; l’acidità ben modulata rispetto agli zuccheri sintetizzati in maturazione permettono di trarne una grande versatilità produttiva. La DOCG Colli Euganei Fior d’Arancio, per l’appunto, contempla varie tipologie di vino a base di Moscato giallo (minimo 95%): secco, passito e spumante. Se la versione secca – ottenuta da una canonica vinificazione in bianco con fermentazione portata a termine – dà vini piacevoli e ben tesi in cui gli aromi varietali sono resi più complessi e affascinanti (e con stupende connotazioni sapide a seconda dei suoli), la versione spumante li esalta in modo mirabile: la rifermentazione in autoclave viene spinta fino allo svolgimento di un tenore alcolico piuttosto basso, di norma intorno a 6-7% vol., dopodiché viene interrotta per lasciare al prodotto una grande dolcezza e la tipica esplosione di profumi che prorompe da queste spume. Degna di nota, infine, è senz’altro la versione passita, per produrre la quale si lasciano disidratare dolcemente i grappoli in appositi locali ventilati prima di vinificarli: ciò che ne esce è un vero e proprio nettare ambrato dal profilo olfattivo sempre straordinariamente intenso, ma ancor più maturo, profondo e fascinoso. È assiomatico che da questa grande versatilità enologica derivi una variabilità stilistica e di abbinamento che, pur non orbitando su produzioni quantitativamente stratosferiche, permette di soddisfare i gusti dei più disparati ed esigenti consumatori, specialmente a cavallo di qualche festività. La versione più prodotta è senz’altro il Colli Euganei Fior d’Arancio spumante DOCG (5.852 hl nel 2023, dai dati del Consorzio Tutela Vini Colli Euganei), prodotto di grande carattere, leggerezza e convivialità perfetto per i brindisi e i dessert; notevoli potenzialità sono sempre più pale sate dalle versioni ferme e secche (753 hl nel 2023), a cui si sposano a meraviglia piatti a base di verdure, antipasti leggeri e raffinati ma anche pesce e carni bianche. Infine, la celebre nicchia del Colli Euganei Fior d’arancio passito DOCG (74 hl nel 2023) racchiude pro dotti di inestimabile ricchezza organolettica in grado di accompagnare, oltre ai dolci fine pasto, anche formaggi erborinati e di cospi cua stagionatura, pasticceria, foie gras, croccanti e frutta secca.

Fior d’arancio, arte evocativa

È consolidato e sempre più diffuso, soprattutto nelle attività promozionali, l’accosta mento fra vino e arte. Se ne sente parlare di continuo, e le ragioni sono molteplici e peraltro conclamate; il binomio funziona, con sperimentazioni sempre più calcate e coraggiose. Ciò che in questo senso coinvolge il Fior d’Arancio – esso stesso una forma d’arte e di cultura – arriva tuttavia a livelli talmente elevati da lasciare a bocca aperta e, per di più, con un’iniziativa tutta al femminile. Padova è una città che racchiude un immenso patrimonio artistico, e nel 2021 entrano a far parte del patrimonio UNESCO i cicli di affreschi del XIV secolo contenuti i 8 edifici fra cui la Cappella degli Scrovegni, il Battistero del Duomo e la Basilica del Santo. Padova Urbs Picta comprende la bellezza di 3.694 m2 di pareti affrescate tra il 1302 e il 1397 da Giotto, Guariento, Giusto de' Menabuoi, Altichiero da Zevio, Jacopo Avanzi e Jacopo da Verona. Fra i committenti di queste opere spiccano due protagoniste femminili: Tra versina Cortellieri, incaricò intorno al 1370 Giusto de’ Menabuoi di affrescare la Cappella di Sant’Agostino con la preghiera di include re il figlio Tebaldo – giovane giurista al servizio dei Carraresi, prematuramente mancato – fra le immagini allegoriche raffigurate; Fina Buzzaccarini, ricca moglie di Francesco il Vecchio da Carrara, commissionò qualche anno dopo allo stesso artista l’ornamento del Battistero del Duomo. Il pittore fu uno straordinario interprete della femminilità dei suoi soggetti, e la delicatezza da lui espressa insieme alla natura di tali committenze fu un testimone ideale e simbolico che venne – secoli dopo – di nuovo raccolto e valorizzato in un modo del tutto particolare. L’imprenditrice del Fior d’Arancio Catia Bolzonella, poi affiancata da altre cinque figure femminili di altrettante aziende vinicole, sviluppò un progetto volto a unire il predetto patrimonio artistico alla denominazione Colli Euganei Fior d’Arancio, in un ambizioso pa rallelismo fra il ruolo delle grandi donne del presente con quello delle grandi donne del passato. L’idea, che nella pratica affianca visite guidate agli splendidi siti di Padova Urbs Picta con degustazioni delle tre tipologie di Fior d'Arancio, trova anche una splendida simbo logia estetica per rappresentare le sfaccetta ture di questo vino, ciascuna rappresentata da un volto femminile immortalato in quegli affreschi. Così la Giustizia di Antonio di Pie tro nel Palazzo della Ragione si lega alla tipo logia Spumante, Maria di Giotto agli Scrovegni al Fior d’Arancio secco, e Caterina de Lupi alla Basilica del Santo si accosta alla tipologia Passito. Un’esperienza emozionante che congiunge i due mondi e ne enfatizza sia la commistione che il singolo, immenso, valore.