Il racconto che segue unisce il ricordo di una visita del 2012 con gli assaggi delle annate più recenti, e vuole essere un omaggio ad Ampelio Bucci e Giorgio Grai, che hanno inciso a caratteri di fuoco la storia enologica del Verdicchio e del vino italiano
STORIA DELLA VERTICALE Redazione
Nel luglio 2024, l’azienda marchigiana Bucci, ora Villa Bucci, è stata acquisita dal gruppo Oniverse (ex Calzedonia, di cui fa parte anche Signorvino) della famiglia Veronesi. La scomparsa nel 2019 del bravo consulente Giorgio Grai, prima, e l’età che inesorabilmente avanza, poi, hanno convinto Ampelio Bucci che fosse giunto il tempo di vendere l’azienda di famiglia. Vino iconico e da sempre ap prezzato dal direttore Daniele Cernilli, nel 2012 il Villa Bucci Riserva è stato assaggiato in una ricca e profonda verticale dal suo collaboratore Luciano Lombardi Vignadelmar. Il testo che segue unisce il ricordo di quella visita del 2012 con la degustazione delle annate più recenti e vuole essere un rispettoso omaggio ad Ampelio Bucci e Giorgio Grai, che hanno inciso a caratteri di fuoco la storia enologica del Verdicchio e del vino italiano.
Bucci, il Verdicchio
Alcuni amici mi accusano di essere monotematico, anzi, monomaniaco. Di parlare troppo spesso di Verdicchio. Come prova a carico portano anche il fatto che io abbia chiamato il mio bulldog Verdicchio. Come posso difendermi? Non saprei, anzi proprio non voglio farlo. Tanto so benissimo che hanno ragione; il Verdicchio per me è un’autentica passione. Tanto per dire, quando io e Daniele Cernilli ci siamo conosciuti, una delle bottiglie che ci siamo scolati era una magnifica magnum di Villa Bucci 1998, da me tenuta in gran conto per un’occasione davvero speciale. Non vi stupisca, quindi, che mi sia sfacciatamente dato da fare per organizzare ed essere invitato a una esaustiva verticale di quello che ritengo essere uno dei due più grandi bianchi italiani, appunto il Villa Bucci, prodotto dall’Azienda Agricola Fratelli Bucci a Ostra Vetere, nell’entroterra di Senigallia, in Contrada Pongelli.
L’organizzazione
A vederla da fuori, la cosa sembra abba stanza semplice, facile. Però poi telefoni tutto contento a Cernilli per dirgli che sei riuscito a organizzarla e lui ti dice con fare “intimidatorio” di prendere la cosa sul serio, che quel vino e quel produttore meritano tutta l’attenzione possibile, che “pretende” note esaustive su ogni singola annata, insomma che devo fare un lavoro scrupoloso. Tutto questo perché Daniele sa meglio di chiunque altro che quel vino è un grandissimo vino e che quel produttore non è un normale produttore: è Ampelio Bucci, grande viticoltore, agricoltore e professore universitario a Milano. Bene, iniziamo proprio da qui, da quest’ultima frase. Nei giorni precedenti la visita mi documento, leggo riviste, guide, internet. Dal sito aziendale traggo pochi spunti, è vecchio, tecnologicamente datato, non aggiornato (Ampelio poi mi dirà che presto sarà on line una versione aggiornatissima, comple tamente nuova, curata da uno dei suoi figli). Cerco di capire che tipo di produttore e che realtà produttiva mi troverò di fronte.
Ampelio Bucci
Il suo essere professore universitario mi fa propendere per un tipo impostato, serioso, tutto numeri ed esibita perfezione formale. Invece Ampelio è un signore non troppo anziano, alto, dallo sguardo limpido e sereno, vestito in maniera vagamente alternativa, al polso porta braccialetti di cuoio in perfetto stile anni ’70 e ai piedi ciabatte di plastica. Il tutto dialogando con te come se ti conoscesse da tempo immemore. Dirige l’azienda agricola di famiglia che comprende circa 300 ettari di seminativi e circa 30 ettari di vigne. Siamo a Ostra Vetere, con le vigne del Verdicchio fra Montecarotto e Serra de’ Conti, in piena DOC del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Il Verdicchio la fa da padrone, ma ci sono anche Montepulciano e Sangiovese. Qui parlerò principalmente dei Verdicchio, tralascio quindi i due rossi, nati come comprimari, da completamento di gamma, cresciuti fino ad essere più che degni di vita autonoma
La visita
Appena arrivo in azienda, Ampelio Bucci mi porta a visitare la cantina, in collina, da dove, in basso, si vedono i campi coltivati con il metodo della rotazione delle colture, per non impoverirli, per non farli morire. Si lamenta del prezzo del grano tenuto basso da una lobby di commercianti statunitensi, che il costo della produzione biologica non ti venga quasi mai riconosciuto e che per riuscire a ottenerlo bisogna darsi da fare a creare piccole comunità economiche di coltivatori e utilizzatori, provando ad aggirare i voraci intermediari. Tiene moltissimo alla attività della FIVI (Federazione Italiana Vignaioli In dipendenti), della quale è consigliere. La cantina è un edificio in mattoni, degli anni ‘20-’30, perfettamente conservato. È su due livelli. In quello inferiore, naturalmente più fresco, ci sono i tini d’acciaio dove fermentano tutti i vini e dove riposa la maggior parte delle botti in legno, di varie dimensioni, ma diciamo mediamente da 50 ettolitri. Hanno tutte ottant’anni e non si sono mai mosse da quella posizione. Al piano superiore, altre botti grandi per i rossi e un’ampia superficie da lavoro. Tutto è molto pulito e semplice, direi funzionale. Ampelio Bucci mi illustra le varie fasi di lavorazione e iniziamo a spillare dalle diverse botti il Verdicchio 2011. Ognuna contiene il prodotto di una ben precisa vigna, solo successivamente, prima di andare in bottiglia, con l’imprescindibile aiuto del bravissimo enologo Giorgio Grai, si eseguirà l’assemblaggio finale. Questa è una fase delicatissima, specialmente per quello che poi diventerà riserva, il Villa Bucci. Grai è un vero Maestro: con analisi sensoriali lunghe e accurate riesce a dar vita a qualcosa che fino a pochi minuti prima non c’era. Ampelio lo sa e lo lascia fare, lo asseconda in tutto, è sicuro che da tanto lavorio uscirà solo il meglio possibile. Che poi, diciamolo, è questo essere una cuvée, da varie vigne dalle differenti età e posizioni geografiche, permette ai vini, ai grandi vini, di esprimersi con note di intrigante complessità.
Tra vigna e cantina
Quando, decenni addietro, impiantò alcuni nuovi vigneti, Ampelio decise di installarli su suoli gessosi e solo successivamente decise di convertirli integralmente al biologico, non tanto per ottenere un vino migliore, ma solamente per riuscire a conservare meglio l’ambiente. Infatti, quando gli ho chiesto se la certificata conversione al biologico (1999) avesse apportato un deciso miglioramento alla qualità dei suoi vini, mi ha risposto sicuro di no. Eccezion fatta, forse, per una maggiore e ulteriore centratura del profilo organolettico. Ma torniamo al millesimo 2011, che riposa nelle botti. Ogni botte contiene un vino profondamente diverso dagli altri. Per come sono adesso le cose, il Villa Bucci 2011 non ci sarà. Però, a volte, le vecchie botti, quando sentono Ampelio dire queste cose, si innervosiscono e, a mo’ di sfida, gli tirano fuori delle grandi virate qualitative. Per quanto mi riguarda posso dire che se non venisse fatto il Villa Bucci, il semplice Verdicchio base sarà davvero notevole. Staremo a vedere. In due botti riposa da pochissimo il Villa Bucci 2010. Fra qualche mese verrà imbottigliato. È molto buono già ora, non mi sbilancerei più di tanto, ma confermo trattarsi di un’annata mediamente ottima e si prospetta un Villa Bucci potente, pieno, appagante ma come al solito elegantissimo. I Verdicchio di Bucci sono molto giocati su sentori di frutta bianca e spiccate note verdi, intese come di erbe di campo, aromatiche e mediterranee; parzialmente di agrumi. I sentori tropicali sono quasi sempre in secondo piano e anche quelli floreali hanno una incidenza molto limitata. Voglio concludere ringraziando Ampelio e tutta l’azienda per l’enorme disponibilità; condividere e commentare con un produttore come lui così tante bottiglie è stata un’esperienza davvero unica e splendidamente formativa. Non la dimenticherò.
La verticale
La prima annata prodotta è stata la 1983 e si è trattato del primo Villa Bucci Riserva. L’inizio di un glorioso cammino che è stato ho ripercorso in questa verticale a partire dalla 1988. Leggendo le note delle singole annate, capirete quanto questo vino abbia segnato il territorio, non solo quello locale o regionale. Fra le tante bottiglie stappate nessuna ha mostrato sentori di tappo o altri difetti, mentre in due il tappo non aveva tenuto a dovere e il vino era pesantemente ossidato. Motivo per cui ci sentiamo di poter riproporre la verticale a distanza di 13 anni, certi che i vini non saranno oggi tanto diversi. Tutti i vini sono 100% Verdicchio da vecchie vigne e maturano circa 18 mesi in botte grande. Le annate dalla 1988 alla 2008 sono state assaggiate nel 2012, le successive sono state integrate nel corso degli anni da Daniele Cernilli.