Pioniera e ambasciatrice del territorio lunigianese, da quattro generazioni la famiglia Bosoni ne interpreta la dualità attraverso una filosofia che trova nell’incontro tra opposti la propria essenza, enologica e non solo

Con i suoi confini labili e quell’orografia appuntita che si getta d’improvviso nel mare, la Lunigiana è una terra indomita e selvaggia, la cui dualità si fa ragione e incanto della sua ineffabile bellezza. Come il territorio che la ospita, anche Cantine Lunae ha due anime, racchiuse in persone e in spazi prossimi, ma diversi. Ce n’è una devota al mistero naturale di questi luoghi, fedele al passato e alla vita contadina, che custodisce e tramanda con rispetto. E, l’altra, contemporanea, lungimirante, persino audace, che vede nell’ambiente che la circonda un grande potenziale ancora da comunicare. Sono gli spiriti che governano l’eterno conflitto generazionale tra padri e figli, tra la volontà di preservare e quella di innovare, che trovano oggi i propri interpreti in Paolo Bosoni, fondatore dell’azienda e colui che negli anni ’60 ha dato nuova linfa alla viticoltura del territorio lunigianese scegliendo di credere nel Vermentino, e nei suoi figli Diego e De bora, quarta generazione della famiglia di vignaioli. Come Giano bifronte, le due facce di Cantine Lunae sanno guardare simultane amente al passato e al futuro, raccontando le proprie visioni attraverso due spazi distinti, ma complementari. Il primo è Ca’ Lunae, la “casa” di Lunae, un antico borgo rurale sapientemente ristrutturato per creare uno spazio di accoglienza a tutto tondo per visitatori. Attorno alla meravigliosa corte centrale del borgo, si sviluppano un’osteria, un ampio spazio di degustazione, un museo della vita contadina, la distilleria storica e una fornita bottega di prodotti alimentari selezionati da tutta Italia, ma anche l’angolo del vino sfuso, retaggio antico e segno di vicinanza anche alle necessità della comunità locale. Questo è il regno di Debora Bosoni, che se ne prende cura in ogni dettaglio, impartendo la propria passione a tutto lo staff che riversa in questi luoghi lo stesso amore che dedicherebbe alla propria abitazione. A meno di un km di distanza da Ca’ Lunae, poi, c’è la moderna cantina, un progetto architettonico di design fortemente voluto da Die go, impegnato invece sul fronte enologico. Un progetto coraggioso, ambizioso, ma sempre ponderato, «siamo liguri, del resto», che Diego ha seguito con dedizione in tutti i passaggi, affiancando il designer Andrea Del Sere e gli architetti di AT Studio che lo hanno concretizzato. «Con Andrea siamo amici di lunga data e abbiamo avuto modo di la vorare insieme in più occasioni – racconta Diego – quando si è trattato di mettere in atto il progetto cantina, ho subito pensato di affidarmi a lui: cercavo un approccio perso nale, che si adattasse alle nostre esigenze e ai nostri valori, e lui non solo conosce bene la nostra realtà ma, soprattutto, ne condivide idee e principi». Il processo generativo della cantina è stato molto lungo, quasi 10 anni, tra soste dovute al covid e rallentamenti ri chiesti dai Bosoni. «La nostra è una realtàfamiliare, per cui la sfida è stata ottenere tanta cura e qualità, ma nell’ambito dei nostri mezzi. Motivo per cui mi sono fatto carico in prima persona del progetto, facendo da mediatore tra Andrea, le diverse maestranze, lo studio tecnico e le esigenze di chi in cantina ci la vora quotidianamente. Non è stato mai un prospetto standard, calato dall’alto e impo sto, ma sempre vissuto e ragionato passo dopo passo». Il risultato di questa concertazione di menti ed esigenze è stata un’opera curata in ogni dettaglio, accattivante e moderna nell’aspetto, ma ovunque permeata dall’anima e dal sentiment della famiglia Bosoni per la terra, il vino e la vita. «L’idea era creare qualcosa che potesse rimanere nel tempo e invecchiare il meno possibile, scegliendo una architettura contemporanea, ma usando materiali naturali e affidandosi anche alle maestranze degli artigiani locali. Quindi, creare un progetto inserito nella sua epoca, ma con un pensiero antico alla base e, al contempo, capace di guardare al futuro. Un po’ come le case contadine di una volta, il cui valore funzionale ed estetico rimane intatto nei secoli». Il binomio che coniuga funzionalità ed estetica, essenza stessa del design, ha fatto sì che ogni singolo ambiente della cantina, dall’area di ricezione delle uve, a quella di vinificazio ne fino alla stanza delle barrique, fosse in quadrato nella medesima visione: una bellezza condivisa, segno anche di grande rispetto verso chi lavora ogni giorno in cantina. «L’idea era che non ci fosse un lato A e un lato B, ma che in tutto venisse riposta la stessa attenzione»: obiettivo decisamente centrato, se si pensa che uno degli spazi più fotografati (instagrammati, diremmo oggi) è proprio il retro della struttura… Il rispetto per la natura e la sua celebrazione sono stati espressi, invece, nella scelta, all’esterno, di non creare volumi architettonici evidenti, di ricorrere a colori e materiali naturali e nella presenza di vigneti e di una “duna” verde, che immettono il complesso in un continuum visivo con il paesaggio circostante. All’interno, invece, inserti di materiali naturali, colori e texture a mimesi biomorfa fanno in modo che sia la natura stessa a parlare e “fare arredo”, penetrando nelle profondità delle cantine come radici che affondano nella terra. Del resto, è proprio alle risorse naturali di quest’area che la famiglia deve tutto il proprio successo. In particolare, al Vermentino, uva condivisa con Sardegna e Toscana, ma che, nella zona dei Colli di Luni, trova l’ideale combinazione di suoli e microclima e diventa Vermentino dei Colli di Luni. Fu negli anni del boom economico, quando le famiglie iniziavano ad abbandonare le campagne, che Paolo Bosoni ebbe l’intuizione di iniziare, invece, un percorso di riscoperta e valorizzazione del patrimonio vitivinicolo locale, ricercando le zone a maggior vocazione, impiantando nuove vigne e studiando le tecniche enologiche più consone a valorizzarne le qualità. «Appena finito il militare, decisi di prendere in mano i vigneti di famiglia, iniziai a vinificare i vitigni della tradizione e, a differenza del passato, decisi di produrre il Vermentino in purezza» racconta Paolo Bosoni. «Il risultato era un vino con maggiore eleganza, struttura e anche capacità di una vita più lunga. L’idea piacque. Andavo a vendere di casa in casa, all’inizio anche in motoretta… quando un ristorante di Dolceacqua mi chiese di fargli avere il nostro Vermentino imbottigliato, capii che ero sul la strada giusta» ricorda sorridendo. Fino ad allora, infatti, il Vermentino era sempre statovinificato insieme all’Albarola, altra varietà tipica della regione, stratagemma che «i contadini usavano per tutelarsi nel caso uno dei due avesse una vendemmia meno felice», ricorda Bosoni. Il successo indusse Bosoni a espandere progressivamente i propri appezzamenti, fino a raggiungere gli attuali 65 ettari vitati, cui si aggiungono quelli gestiti dai circa 100 conferitori, piccoli vignaioli legati all’azienda anche da 50 anni, per un totale di circa 80 ettari di parco vigne. I vigneti, per il 70% dedicati al Vermentino, che ne occupa anche le frazioni più estreme e peculiari, salgono da appezzamenti prossimi al mare (a 2 km di distanza) fino a 300 metri s.l.m., in uno spazio di appena 10 km in linea d’aria, dove le piante incontrano, però, ben tre tipologie di suoli differenti: da quelli limo-argillosi nelle aree pianeggianti, a quelli di medio impasto con ciottoli alluvionali di pietra arenaria nelle zone collinari e pedecollinari, fino ai più elevati, suoli antichi, drenanti e ricchi di scheletro, principalmente argilliti e macigno. Tra le altre uve, spiccano l’Albarola e il Ciliegiolo, varietà storiche del territorio, e tesori ritrovati e valorizzati in anni più recenti, come Vermentino nero, Pollera nera e Massareta, oltre a cultivar internazionali. L’età media dei vigneti si aggira attorno ai 25 anni, con alcune parcelle di 50 anni di età, e gli appezzamenti sono molto piccoli, in rari casi raggiungono al massimo i 3 ettari, e sono protetti da muretti. «È un panorama viticolo molto peculiare il nostro – spiega Diego Bosoni – ogni vigna è profondamente diversa e questa parcellizza zione ci ha imposto da sempre una conoscenza capillare di tutto il territorio». In cantina, le parole chiave sono ricerca, autenticità, passione, ma anche contemporaneità, esperienza e visione: quest’ultima, vede la fusione tra quella di Paolo e quella di Diego, due generazioni che oggi si incontrano con sempre meno frizioni anche nelle scelte enologiche. Da qualche anno, infatti, Diego ha potuto ricavarsi un proprio spazio nell’ambito della produzione aziendale, mettendo a segno due etichette proprie – Padrefiglio (Vermentino da un’unica parcella vinificato in anfora) e L’Incantatrice (Metodo ancestrale di Vermentino, Albarola e Malvasia) – oltre a ideare Numero Chiuso, il vino che fa un po’ da testimone dell’incontro/scontro generazionale. «Questo vino nasce come un esperimento personale per sfidare la longevità del Vermentino – racconta Diego – volevo provarne a fare la solita versione d’annata. Scardinare tale tradizione scatenò, tuttavia, un duro conflitto familiare, tant’è che lo chiamai Numero Chiuso perché pensavo non avrebbe mai avuto seguito. Invece, alla fine, mio padre e mio zio si sono ricreduti e dal 2008 ne produciamo, solo nelle annate migliori, 2.600 bottiglie, ovvero il contenuto di una botte da 20 hl. Le uve provengono da una rigorosa selezione di due parcelle situate molto in alto e l’affinamento si protrae per un anno e mezzo in una botte di rovere francese e al trettanto tempo in vetro; quindi, il vino esce dopo tre anni dalla vendemmia». La prova, in bottiglia, che nella dialettica anche Cantine Lunae, come la Lunigiana, trova la chiave della propria essenza, enologica e non. solo.