Un’etichetta iconica, simbolo dell’azienda Masciarelli come dell’Abruzzo enologico tutto.
Un vino che è passato di mano in mano, che ha vissuto epopee e staffette, momenti familiari difficili e annate infelici. Ma che, da quasi 40 anni, è lì, solido, determinato, inconfondibile. Eppure, sempre diverso. Perché ha la capacità di conformarsi all’annata, di esserne figlio, nel bene e nel male. Sono pochi i vini cult – e ancora meno i produttori – che hanno questo ardire. Ci vuole coraggio. E ci vogliono capacità e determinazione. Tutte doti che in casa Masciarelli non mancano. Prendiamo l’annata 2017, ad esempio. Per come era andata la stagione, quel millesimo non doveva uscire, rischiava di non essere all’altezza. Eppure... Una situazione analoga si era verificata nel 1999, ma Gianni Masciarelli, all’epoca, ci aveva messo anima e cuore per “portarla a casa”. Stavolta, a imporsi, a prendere coraggio, invece è stata Marina Cvetic, che ha voluto temporeggiare fino all’ultimo per la vendemmia, fino a salvare il risultato. Come in quel momento, nel 2008, quando, senza esitazione, sempre lei aveva preso in mano le redini dell’azienda dopo l’improvvisa scomparsa del marito. Come l’azienda, come la famiglia, anche il Montepulciano d’Abruzzo Riserva Villa Gemma è un vino che vissuto tanti rinascimenti negli anni. Ha cambiato vigneto ma, soprattutto, ha cambiato mano. E in tutte queste rinascite, Marina era lì a «fare da cavia», come lei stessa ha affermato sorridendo, di questo vino, assaggiando le prove dapprima del marito e, oggi, della figlia primogenita.
Voluto da Gianni Masciarelli nel 1984 – l’uomo che per primo aveva capito il potenziale dei vitigni autoctoni abruzzesi, quelli che «parlavano la lingua della sua gente», e che ha saputo trasmetterlo poi al mondo intero – il Villa Gemma era diventato quasi una reliquia sacra e intoccabile in azienda dopo la sua prematura scomparsa. È stata la prima figlia della coppia, Miriam Lee, ad accogliere senza timore, undici anni fa, il difficile compito di farsene carico. Del resto, lei aveva “vissuto” questo vino sin da quando era bambina, affiancando sempre il padre in vigna come in cantina («da ragazzina si prese un’insolazione in quel vigneto» ricorda la madre Marina).
E, soprattutto, in occasione delle degustazioni delle grandi etichette che erano state fonte di ispirazione per Gianni.
È così che, con il pragmatismo della madre e lo spirito visionario del padre, Miriam ha trovato persino il coraggio di rinnovarlo, il Villa Gemma. Dapprima cambiando enologo – nel 2011 è entrato come tecnico interno Attilio Alfino, abruzzese classe 1984 – e affidandosi, dal 2012, alla consulenza di Carlo Ferrini. In secondo luogo, variando la lavorazione, scegliendo di tornare a vinificarlo in acciaio, come si era fatto fino al 1996, prima che Gianni passasse alla fermentazione in tini troncoconici («l’ossessione, all’epoca, era fissare il colore, massimizzando l’estrazione tannica» spiega l’enologo Attilio Alfino). Anche i lunghi affinamenti, due anni in barrique molto tostate, sono stati aboliti e sostituiti con 12 mesi in barrique a tostatura leggera, per puntare su una maggiore freschezza. Quest’ultima è proprio il focus della ricerca della nuova squadra enologica, che ambisce alla bevibilità incontrastata e alla coerenza con l’annata.
Un obiettivo che è, per il Montepulciano, anche tra i più complessi da raggiungere, perché si tratta di un vitigno esuberante, in vigna così come in cantina, «che basta un attimo per avere vini sovraestratti, caldi e imbevibili» conferma Attilio. Ma le sfide ai Masciarelli piacciono, e questo ormai lo sappiamo bene.
Oggi il Riserva Villa Gemma, pur portando nel proprio DNA il carattere e la tempra di Gianni, è diventato il vino di sua figlia. Una naturale evoluzione verso uno stile più moderno e accessibile, al passo con i tempi e con le annate, ma senza rinunciare a quella tensione acido-tannica che gli dà carattere e prospettiva. Il legame con la sua nuova patronne è stato ulteriormente rafforzato, negli ultimi tre anni, dall’iniziativa Masciarelli Art Project, ideata e portata avanti dalla stessa Miriam Lee. Un progetto che consiste nell’ospitare di volta in volta al Castello di Semivicoli (il wine resort di proprietà della famiglia) un artista diverso, il quale, lasciandosi ispirare dall’ambiente circostante, realizza un’installazione permanente e un’etichetta speciale che andrà a vestire la limited edition del vino (la prossima edizione, è notizia di questi giorni, sarà firmata da Agostino Iacurci). La prova che a Miriam Lee non mancano quella capacità imprenditoriale e quella sensibilità artistica che accomunava i suoi genitori. E che buon sangue non mente, nemmeno nel fare vino.
La vigna
Dal 1990, il Montepulciano che compone il Villa Gemma proviene unicamente dal vigneto cru di Cave, 5 ettari di impianto ad alta densità, sulle colline in prossimità di Chieti, a San Martino sulla Marrucina, sede principale dell’azienda. La tipologia dei suoli è un medio impasto calcareo, mentre corsi d’acqua sotterranei garantiscono riserve idriche fondamentali per i vigneti, che non necessitano così di alcuna irrigazione, nemmeno nelle annate più calde. La particolare conformazione geografica della zona, poi, incastonata tra il massiccio montuoso della Majella e il mar Adriatico, consente una buona ventilazione e un’ampia escursione termica tra il giorno e la notte, garantendo un microclima ideale per produrre uve di qualità. La vendemmia è tardiva e cade, di norma, entro i primi 10 giorni di novembre. La produzione oscilla tra le 6.500 bottiglie, il picco più basso toccato con l’annata 2014, e le 20 mila delle annate migliori.