L’ONAV è la più antica associazione che si occupa di vino in Italia, esiste da più di settant’anni e ha percorso con i vari protagonisti che si sono succeduti nel tempo tutto il periodo della rinascita del vino italiano, nel Dopoguerra e dopo la tragedia del metanolo del 1986. Lo ha fatto diffondendo la cultura del vino tra centinaia di migliaia di persone che hanno frequentato i suoi corsi e svolgendo un ruolo di divulgazione e d’informazione davvero straordinario. Nel frattempo alcuni personaggi, enologi, produttori, qualche giornalista, ha fatto un percorso analogo, contribuendo in modo formidabile al mondo della vitivinicoltura del nostro Paese. Molti di loro sono quelli nati fra gli anni Trenta e gli anni Quaranta e che oggi hanno tra i settanta e gli ottantacinque, in un caso anche novant’anni, e parlo di quelli che sono ancora fortunatamente al mondo. Una vera generazione di fenomeni parafrasando la canzone degli Stadio. Vorrei perciò nominarli e raccontare con poche parole chi sono e cosa hanno fatto e stanno ancora facendo. I decani? Di sicuro Ambrogio Folonari ed Ezio Rivella. il primo per decenni a capo della Ruffino e da una ventina d’anni proprietario delle Tenuta Giovanni e Ambrogio Folonari in Toscana. Il secondo per anni e anni a capo dell’Assoenologi e per altrettanti Amministratore Delegato del Castello Banfi a Montalcino. Rispettivamente classi 1930 e 1933. Nel 1936 invece sono nati il Marchese Nicolò Incisa della Rocchetta, il cui nome è indissolubilmente legato alla Tenuta San Guido e al Sassicaia, e Bruno Ceretto, uno dei grandi padri nobili dei vini di Langa. Passano due anni e vedono la luce tre fuoriclasse, in rigoroso ordine alfabetico il Marchese Piero Antinori, Sandro Boscaini e il Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga. Il primo non ha davvero bisogno di presentazioni, almeno in questa sede, il secondo è l’artefice della Masi, azienda fondamentale della Valpolicella, il terzo è il papà del San Leonardo a Borghetto d’Avio in Trentino. Passano altri due anni e a Barbaresco nasce Angelo Gaja, nel 1940 appunto. Tutti ultraottantenni, tutti ancora in attività nelle loro aziende, sono “I Magnifici Sette” o se preferite “I Sette Samurai” del vino italiano. Di poco più giovani sono Massimo Bernetti e Ampelio Bucci, padri nobili del Verdicchio, poi Emilio Pedron, per anni a capo del Gruppo Italiano Vini, Vittorio Fiore, enologo di lungo corso, e per finire Riccardo Cotarella, forse il più giovane tra i capitani coraggiosi di questo mondo. Ne dimentico sicuramente tanti altri, e me ne scuso, ma quelli che ho nominato sono sicuramente stati, e in gran parte sono ancora, dei veri protagonisti della scena enologica italiana. Ovviamente sono molti coloro che non ci sono più, da Giacomo Tachis ad Antonio Mastroberardino, da Diego Planeta a Lucio Tasca d’Almerita, da Bruno Giacosa ad Aldo e Giovanni Conterno, da Luigi Veronelli a Edoardo Valentini. Nomi e persone leggendari. Tutti hanno dedicato la loro vita al vino, tutti hanno raggiunto traguardi incredibili, ponendo le fondamenta per quello che è oggi il mondo enologico italiano. A tutti loro, anche nel ricordo, mi sento di voler dire grazie di cuore.