Un evento unico nel suo genere, il Master ONAV sui “vini al naturale”, svoltosi il 27 e  28 novembre scorso, ha riscosso un successo senza precedenti. Un momento di formazione ed esperienza sensoriale senza preconcetti e libero come solo il vino naturale sa essere

Leggendo sul mondo dei vini “non convenzionali” e spulciando fra gli eventi organizzati negli ultimi anni, anche dalle tantissime Sezioni ONAV, emerge che l’argomento interessa sempre di più gli appassionati di vino. Tutti ci siamo dovuti confrontare con qualche vino, non necessariamente estremo, e abbiamo dovuto constatare che non è scontato l’approccio organolettico. C’è chi si trincera dietro il “non li capisco”, chi non intende proprio confrontarsi con questa tendenza e chi, invece, ci si avvicina con attenzione e curiosità, a volte anche contaminata, semplicemente, da una “complice simpatia”. Sta il fatto che, oggi, non possiamo più considerare i vini “non convenzionali” come marginali e non facenti parte del nostro mondo, siano essi biologici, biodinamici oppure, semplicemente, “naturali” o “al naturale”. 

Ecco allora che ONAV ha organizzato un “master” dedicato ai vini “al naturale” che si è svolto a Bergamo, Orio al Serio, il 27 e 28 novembre dell’anno appena trascorso. Si è trattato di un evento la cui partecipazione ha dimostrato l’interesse che noi soci abbiamo, giustamente, verso questi vini, la curiosità che nutriamo nei confronti delle loro qualità organolettiche e il desiderio di conoscerli meglio e “dal di dentro”. 

Come abbiamo scritto, infatti, molti sono stati gli eventi degli ultimi anni organizzati dalle nostre sezioni sui vini senza solfiti, sui vini in anfora, sui cosiddetti orange o, meglio, macerati. Come molti altri sono stati quelli dedicati ai vini biologici e biodinamici. Nel 2020, durante il primo periodo di confinamento a causa della pandemia da COVID, avevamo anche organizzato un webinar introduttivo su questo tema: proprio la grande partecipazione a questo evento “a distanza”, ci ha spinto a pensare oltre. 

A novembre, ad Orio al Serio, il nostro Master ha visto il tutto esaurito, con i 60 posti disponibili letteralmente “presi d’assalto”. Grande la partecipazione e da tutt’Italia: dalla Sicilia al Veneto, dalla Toscana al Piemonte alla Lombardia, con diverse rappresentanze da tutto il resto dello Stivale. Alcuni soci avevano già stabilito un’affinità con questi argomenti e i relativi vini; altri, invece, ne erano totalmente digiuni. Altri ancora, infine, si sono iscritti da scettici ma, allo stesso tempo, curiosi, come era giusto che fosse.

La novità, a dire il vero, non è stata tanto il tema in sé, ma il modo in cui lo abbiamo affrontato: abbiamo coinvolto tecnici, produttori, sommelier, chi, cioè, utilizza e quotidianamente propone tali vini.
Abbiamo approfondito tematiche quali il servizio, la presentazione e il racconto dell’etichetta; non da ultimo, i momenti ottimali di consumo. Un Master, quindi, inclusivo, condotto razionalmente e organicamente per determinare alcuni punti fermi:

cosa si intende per vini naturali o meglio al naturale;

la viticoltura o i diversi tipi di viticoltura che essi implicano;

l’enologia specifica delle diverse tipologie di vino;

l’approccio organolettico sensoriale preferenziale per poterli apprezzare. 

Il programma, apparentemente convenzionale, è stato sviluppato in modo assolutamente innovativo e unico nel panorama della didattica enoica:

20 i vini in assaggio, non solo italiani, ma provenienti anche da Francia, Spagna, Grecia e Ungheria per dare “universalità” alla rappresentanza dei diversi stili e metodi;

vini rossi, bianchi, macerati e frizzanti, perché ogni tipologia prevede e contempla approcci tecnologici necessariamente differenti;

vini con piccole dosi di solfiti aggiunti, altri, invece, più “estremi”, per dare giusta appartenenza a questo articolato mondo; 

produttori “artigianali” e produttori altrettanto artigianali ma tecnici/enologi;

approccio organolettico “geosensoriale” per dare più spazio a ciò che si percepisce in bocca anziché al naso;

presentazione dei vini in termini di filosofia produttiva e potenziale di consumo. 

Ma andiamo con ordine, elencando i relatori che, oltre a chi scrive, si sono così presentati:

Iris Romano ha raccontato di sé: «sono cresciuta tra Procida e Ischia e qui, nel bel ristorante di famiglia, mi sono appassionata al mondo dell'accoglienza e del vino anche grazie all'incontro, seduti ai tavoli del ristorante, di alcuni importanti produttori naturali. Da lì nasce la mia passione, che poi prende sempre più forma nei ristoranti in cui ho lavorato dopo, in particolare al 28 posti a Milano e al Danì Maison a Ischia, 2 stelle Michelin, la cui carta del vino era composta per il 70% da produttori naturali. Oramai milanese di adozione, finalmente, assieme ai miei soci gestisco un vero e proprio salotto del vino, il Bicerìn Milano».

Jacky Rigaux, intervenuto con un’intervista preregistrata, ha dichiarato: «in Italia forse sono conosciuto per il libro Il vino capovolto (autori Jacky Rigaux e Sandro Sangiorgi, Porthos Edizioni, Roma, 2017, N.d.R.). Sono responsabile della formazione continua presso l'Université de Bourgogne e autore di numerose opere in scienze umane e sui terroir viticoli. Sono promotore di tre diplomi speciali presso la medesima Università».

Enzo Mescalchin si è così espresso: «già responsabile dell'Unità Agricoltura Biologica della Fondazione Mach di S. Michele in Trentino, dove mi sono occupato di consulenza, sperimentazione e ricerca in viticoltura e ho insegnato Viticoltura biologica al corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia».

Silvia Giani, alias Emilia Pennac Wines, si è presentata come «vignaiola biodiversa. Non produco vini – ha dichiarato – ma assisto le mie uve nel loro naturale processo di trasformazione».

Nino Barraco ha dichiarato di essere un «contadino della mia terra, a Marsala, dove sono nato e cresciuto. Dopo essermi laureato in Scienze politiche a Palermo, sono ritornato a Marsala dove, nel 2004, è iniziata la mia avventura nel mondo del vino, creando la mia azienda, spinto dall’esigenza di esaltare quel legame unico che s’istaura tra vitigno e luogo. Guidato dalla mia passione per il vino, mi sono ispirato al sapere contadino della mia famiglia, riprendendo la cultura e la tradizione del fare il vino solo con l’uva. L’obiettivo non è un vino “perfetto”, ma un vino riconoscibile per la sua personalità. Non ci sono limiti, se non quello del rispetto della natura e del nostro territorio. In ogni vendemmia riservo sempre uno spazio per la ricerca, la sperimentazione e l’innovazione, nel solco del lavoro che abbiamo già fatto in passato. Senza stravolgerlo».

Manuel Pulcini si è, invece, definito un «nomade del vino. Prestato alla viticoltura lucchese, laureato in enologia presso l'Università di Pisa nel 2014, nel corso degli anni mi sono appassionato alle vinificazioni artigiane naturali e nel 2017 ho fondato la mia azienda ispirata alla Land Recovery e alle sperimentazioni enologiche».

Già da come si sono descritti e presentati i relatori appare evidente la diversa provenienza, anche professionale, e il diverso approccio perché i loro vini vengono da esperienze personali, da tradizioni più e meno radicate, da visioni soggettive e da obiettivi diversi. Quest’ultimo argomento, poi, è stato trattato nella relazione introduttiva del sottoscritto. Ho voluto sottolineare, se non tutte, le molte sfaccettature che contraddistinguono le produzioni enologiche non convenzionali e la difficoltà di catalogarle in schemi razionali cui vorremmo affidarle. Il mondo del vino non convenzionale non ama le categorie, non ama le definizioni preconcette e interpreta anche in modo molto differenziato il concetto di naturalità. Non per nulla, oggi, al termine “vino naturale” si preferisce “al naturale”. Le statistiche, le molte tipologie di vini e i confronti, oltre che i nuovi indirizzi legislativi, dimostrano, altresì, la grande fluidità di questo “settore”. 

Uno degli spazi introduttivi di particolare interesse per noi assaggiatori è stato dedicato a Jacky Rigaux, promotore della tecnica di assaggio definita geosensoriale. Il suo intervento si è svolto in videoregistrazione con una relazione che si è concentrata sul concetto di “naturalità” del vino du lieu (del luogo), come ama definirlo e come lui consiglia di poterlo apprezzare organoletticamente. Questo approccio è stato proposto ai partecipanti mediante l’uso di una scheda di assaggio tecnico-sperimentale, ricorrendo a descrittori diversi da quelli cui siamo abituali. In pratica, afferma Rigaux, il naso, cioè le percezioni olfattive per via diretta, ha assunto forse troppa rilevanza nel mondo dell’assaggio, a discapito delle sensazioni gustative, retro-olfattive e tattili connesse con il flavour, di derivazione anglosassone o, per restare più vicino a noi, al descrittore retrogusto e cioè all’impronta e alla memoria che il vino ci lascia dopo averlo deglutito.

Chiara, allora, l’esigenza di spostare l’attenzione dai descrittori olfattivi a quelli gustativo-tattili: personalità e carattere del profumo, trama (texture), sapidità e vivacità gustativa, viscosità, consistenza e morbidezza della densità per gli aspetti tattili. Poi alcuni descrittori di sintesi, quali la profondità della persistenza, il retrogusto (sinonimo di flavour, appunto) e, per finire, l’energia complessiva. Un lessico con il quale ci siamo allenati a confrontarci durante l’assaggio tecnico dei vini. 

La nostra esperienza con i vini “al naturale” si è arricchita proprio con l’assaggio di vini di diversa origine e concettualità interpretativa. Da un classico francese, il Gewürztraminer Maceration 2020 di Pierre Frick al Sialis 2015, al Pinot grigio di Franco Terpin; dal Nocenzio 2020 de La Distesa di Corrado Dottori, da uve Montepulciano e Sangiovese, al Ktima Ligas 2020, da varietà Roditis; infine, dal frizzante Emilia Pennac, BCur Pet Nat 2020, da uve Barbera, Croatina e Uva rara, a un’interpretazione ungherese del vitigno Riesling italico senza solforosa, quale il Bencze 2019. Senza dimenticare, infine, l’Altomare 2019 di Vini Barraco, da uve Grillo, e alcune sperimentazioni in anteprima di Manuel Pulcini, come il Vizio Ramingo 2020, da uve Sangiovese, Canaiolo, Syrah e Ciliegiolo. Questo senza voler trascurare gli altri 12 vini presentati all’assaggio che è stato l’elemento cardine del Master. 

Le relazioni dei produttori e dei tecnici, infatti, hanno visto la conclusione sempre con un assaggio finalizzato a circostanziare quanto presentato e sono state condotte a mo’ di intervista al fine di focalizzare gli interventi su temi e conoscenze specifiche.

I vini, selezionati dall’esperienza più che decennale di Iris Romano, cui va il nostro ringraziamento per la preziosa collaborazione, sono stati proposti nell’ordine di presentazione da lei indicato, a seconda della loro origine e della loro capacità di essere goduti in diverse circostanze. Gli stessi, poi, sono stati assaggiati tecnicamente utilizzando il lessico geosensoriale con una scheda digitale che ha consentito ai partecipanti di memorizzare online tutte le informazioni relative. 

Una bellissima esperienza, quindi, realizzata grazie alla partecipazione entusiasta di tanti soci e che stiamo pensando di replicare, visto l’interesse raccolto, in diverse sedi magari più vicine alle tante sezioni ONAV.