Dall’entrata dell’Italia nella CEE sino a oggi, il diritto vitivinicolo ha cercato di regolare e di sostenere al meglio un settore in perenne divenire: fluido, cangiante e poliedrico. Le norme hanno seguito i cambiamenti e questi ultimi hanno generato ulteriori regole come in nessun altro campo economico e produttivo del nostro Paese, intrecciandosi e “rincorrendosi” di bisogno in necessità
Il politico Otto Von Bismarck sosteneva che «meno le persone sanno di come vengono fatte le salsicce e le leggi e meglio dormono la notte.». Seppur parlasse di salsicce, e non di vino, la sostanza non cambia e l’adagio si presta ad essere utilizzato anche nel contesto di nostro interesse: il settore vitivinicolo e le sue leggi. A parer nostro, tuttavia, è bene che le persone, nella qualità di consumatori, sappiano come viene fatto il vino e che vi sono leggi che disciplinano ogni aspetto della filiera vitivinicola, dalla conduzione del vigneto, alla produzione, alla conservazione, alla commercializzazione alla tutela dello stesso consumatore. Una persona informata è un consumatore consapevole in grado di avere un approccio al vino cosciente e di effettuare scelte oculate. Ma non solo: è importante essere consapevoli e informati anche per comprendere e attribuire il giusto valore alla bottiglia di vino sotto molteplici aspetti, dall’etichetta, fino all’interpretazione dei vari simboli che sulla stessa compaiono: dal simbolo comunitario “bio” alle diverse denominazioni DOCG, DOC, IGT al più recente QR code.
Tutto ciò e molto altro viene regolamentato da una quantità davvero imponente di leggi sul vino. Il vino, infatti, non è solo emozione, fascinazione, racconto, piacere, condivisione o investimento, ma è anche uno dei prodotti più importanti dell’agricoltura, che alimenta una rilevante fetta di mercato, dà lavoro ad aziende e famiglie, oltre a essere una delle principali voci del nostro export agroalimentare.
Di regolamentare e studiare il “pianeta vino” si occupa il diritto vitivinicolo, sintesi di un sistema normativo piuttosto articolato che trova la sua fonte sia nel diritto comunitario, sia nelle norme di carattere nazionale. Ad aumentare la complessità della materia contribuisce anche il carattere interdisciplinare, in quanto si interseca non solo con il diritto agroalimentare, ma anche con molti altri settori del diritto, quali il diritto commerciale, il diritto societario, la tutela dei marchi e delle denominazioni, la disciplina della produzione, la prevenzione dei reati ambientali, la responsabilità penale dell’impresa vitivinicola ricompresa nell’ambito della L. 231/2001 (e successive modifiche), la lotta alle frodi e alla contraffazione, gli accordi internazionali sul commercio del vino, l’imbottigliamento, la vendita, l’e-commerce, la distribuzione, il ruolo dei consorzi di tutela, i controlli sulla qualità, la promozione dei prodotti, la tutela del paesaggio, l’enoturismo, la sostenibilità ambientale, il ripristino delle biodiversità, l’ottimizzazione delle risorse idriche e molto altro ancora.
La complessità deriva anche dalla finalità economico-sociale, volta da una parte alla promozione dello sviluppo rurale, tutelando il reddito dei produttori, e dall’altra dall’esigenza di uniformare le regole di produzione e commercializzazione per garantire pari opportunità sui mercati.
Tutto questo sistema rappresenta un universo in costante divenire, motivo per cui non è possibile cristallizzare il diritto vitivinicolo che, fluido e mutevole, deve adattarsi a un mondo che cambia e a un contesto economico in perenne evoluzione, come si è potuto constatare anche in occasione della pandemia da Covid-19.
Il contesto normativo
Facciamo un passo indietro: sin dal 1° gennaio 1958, anno del Trattato di Roma, l’Italia è entrata a far parte dell’allora CEE (Comunità Economica Europea) che, con il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, divenne Unione Europea (UE); laddove “Unione” voleva dare il senso del processo di integrazione fra i Paesi aderenti e il superamento dei confini economici, attraverso l’abolizione dei dazi doganali e delle limitazioni alle quantità in entrata e uscita dai Paesi membri. Tale processo fu completato, anche dal punto di vista legislativo, finanziario e istituzionale, con il Trattato di Lisbona, in vigore dal 1° dicembre 2009.
Ed è proprio qui che nasce il diritto vitivinicolo, figlio di quel settore agricolo cui la Comunità Europea ha sempre mostrato attenzione, anche attraverso la messa in atto della Politica Agricola Comune (PAC), in considerazione dell’importanza strategica che lo stesso riveste nell’ambito dell’economia. Il vino, infatti, è un prodotto rappresentativo perché è il risultato di una serie molteplici attività che vanno dalla manipolazione, alla trasformazione, alla conservazione, alla commercializzazione. La Politica Agricola viene posta in essere attraverso le Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM) che mirano a garantire un reddito stabile agli agricoltori perché, in assenza di interventi riequilibrativi, i prezzi tenderebbero al ribasso, giungendo a livelli non remunerativi e verrebbe meno la garanzia di un adeguato reddito agricolo. Ciò accade perché in agricoltura entrano in gioco diversi fattori variabili e incontrollabili e si rendono necessari alcuni correttivi. L’agricoltura ha anche subito un lento ma inesorabile processo evolutivo grazie al quale adesso si parla di alimentazione e sicurezza alimentare e il settore vitivinicolo è sempre stato il primo ad essere coinvolto in questa trasformazione. La normativa di riferimento contempla, infatti, tutta la filiera; dalla trasformazione alla commercializzazione, fino ad arrivare, da ultimo, alla certificazione blockchain: un sistema di controlli che monitora l’intera catena di produzione, dall’origine dell’uva, fino alla bottiglia, attraverso un’etichetta intelligente, in grado di fornire informazioni su territorialità, provenienza, conduzione del vigneto ecc.
La disciplina sulla produzione e la commercializzazione del vino è rappresentata da una struttura normativa piramidale suddivisa in due livelli: il primo si pone sul piano comunitario al cui vertice si trova l’OCM insieme agli accordi internazionali conclusi dall’Unione Europea; il secondo sul piano nazionale e troviamo, oltre alla L. 238/2016, i regolamenti ministeriali che attuano sia la normativa comunitaria, sia quella nazionale e, infine, le circolari applicative.
Il Testo Unico sul vino (l. 238/2016) e le applicazioni pratiche
In tempi recenti, l’Italia si è dotata della Legge 238/2016 che ha cercato di riorganizzare, armonizzare e riunire la variegata normativa in materia di coltivazione della vite, produzione e commercializzazione del vino. La corretta denominazione della legge è: “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e commercializzazione del vino”, anche se è comunemente nota come Testo Unico della vite e del vino.
La legge è un caposaldo nel panorama del diritto vitivinicolo ed enuncia una serie di principi fondamentali, a partire dal Titolo I denominato “salvaguardia del vino e dei territori viticoli”; particolare attenzione merita l’art. 1 che fornisce la definizione di Patrimonio Culturale Nazionale: «Il vino, prodotto della vite, la vite e i territori viticoli, quali frutto del lavoro e dell’insieme delle competenze, delle conoscenza, delle pratiche e delle tradizioni, costituiscono un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità, sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale».
L’articolo 1 è un compendio, una sinossi di tutto quanto il vino rappresenta e incarna per il nostro Paese. Definire il paesaggio vitivinicolo come patrimonio culturale, significa far emergere e dichiararne il valore sociale ed economico. Il paesaggio italiano è un paesaggio culturale, nel quale la natura porta i segni dell’uomo e ne narra la storia e sta contribuendo - e contribuirà sempre più - al rilancio di un importante settore dell’economia, soprattutto attraverso l’enoturismo: un’attività strettamente connessa al mondo vitivinicolo capace di promuovere un turismo in grado di valorizzare i luoghi di produzione del vino per accrescerne cultura e prestigio e creare prospettive di sviluppo economico per le aree a particolare vocazione vinicola. Il consumatore oggigiorno è sempre più attento alle tematiche ambientali e alla sostenibilità e ha sviluppato un crescente interesse per i prodotti agroalimentari di qualità, come risposta ai cambiamenti culturali, etici, sociali ed economici. Tali cambiamenti possono essere sintetizzati nell’espressione “economia del gusto”.
L’enoturismo unisce elementi strategici del nuovo modo di intendere il viaggio e la vacanza. Il prodotto vitivinicolo e agroalimentare è la prima fonte di attrazione, la cui centralità riesce a coinvolgere diverse dimensioni del territorio: sociale, ambientale, culturale. La formazione di una domanda turistica da parte di un qualsiasi prodotto realizza moltiplicatori sociali e alimenta reddito e occupazione. Il turismo enogastronomico è certamente una nuova via per dare impulso al turismo storico-artistico, in quanto il vino si fa portatore non solo di forti connotazioni culturali, ma anche di un esempio di rapporto sostenibile tra natura e uomo. La sostenibilità si riflette nelle architetture, nei prodotti e nell’intera filiera, nella gestione energetica e nelle acque.
Tutto il settore vitivinicolo, sotto ogni aspetto, è stato investito da un intenso processo di cambiamento che ha coinvolto sia il lato dell’offerta, che quello della domanda. Le aziende vitivinicole sono state costrette a ridefinire il proprio modello in un’ottica di maggiore innovazione, sicurezza e sostenibilità. Se fino a pochi anni fa, ad esempio, la raccolta e la produzione del vino generava molti scarti, oggi i residui di potatura vengono destinati alla produzione di biomasse, con parziale recupero dei costi.
Molte aziende, inoltre, trasformano gli scarti produttivi in bioplastiche ad uso alimentare o in materiale di isolamento termico, eco-pelli vegetali, cosmetici o prodotti nutraceutici.
È facile comprendere che le caratteristiche di un territorio non solo si ripercuotono sulle peculiarità organolettiche e sulla qualità del vino, ma influiscono sul modo in cui lo stesso viene percepito dal consumatore. Da ciò deriva una crescente attenzione nei confronti della tutela dei prodotti tipici di un territorio e del legame con i suoi aspetti culturali. Questi valori trovano espressione e concretezza nelle certificazioni geografiche dei prodotti, siano esse IGP (Indicazione Geografica Protetta), oppure DOC o DOCG. Basti pensare che la Corte di Giustizia UE (sentenza 2 maggio 2019, causa C-216/2017), ha riservato l’uso di disegni o immagini di paesaggi particolarmente evocativi di un certo territorio, il cui nome è protetto come DOP o IGP, ai soli prodotti che ne rispettino il disciplinare di produzione.
Il ruolo dei disciplinari
di produzione
Chiamato in causa il disciplinare di produzione, citiamo l’esempio del Consorzio di Tutela dei vini mantovani che impone, in sintesi, di svolgere ogni attività di proposta, tutela, gestione generale in materia di disciplina e di regolamentazione, con particolare attenzione allo studio e alla ricerca del territorio viticolo e alla impiantistica dei vigneti e delle vigne, tutelando, quindi anche il territorio e quindi vigilare – anche a livello urbanistico – sulle aree di particolare pregio destinate al possibile sviluppo dei nuovi vigneti.
I Disciplinari di produzione, proposti su impulso della filiera vinicola, determinano, quindi, i requisiti qualitativi e rappresentano uno strumento di tutela a livello europeo, attraverso la cui approvazione si ottiene non solo la protezione del nome, ma anche il riconoscimento di una particolarità territoriale. Il Disciplinare nasce, quindi, dal territorio viticolo ed esprime la storia, i processi produttivi, le caratteristiche pedoclimatiche di una determinata area geografica ben individuata: in una parola il terroir. In esso si fa riferimento alle forme di allevamento, ai sistemi di potatura, alla gradazione minima naturale, alla densità d’impianto, alla resa massima, alle prassi e alle tecnologie ammesse per la gestione del procedimento di cantina, all’invecchiamento, all’affinamento, alla descrizione delle caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche del vino.
Nel Disciplinare sono altresì indicate le regole relative all’etichettatura, alla designazione e alla presentazione del vino, l’eventuale utilizzo di menzioni facoltative previste dalla normativa comunitaria e nazionale; e, inoltre le disposizioni relative al confezionamento, ai recipienti e i sistemi di chiusura; ai legami col territorio e le condizioni ambientali di produzione. E l’elenco non è esaustivo.
Il Disciplinare è un mezzo molto potente, attraverso il quale imporre modalità di produzioni rispettose del territorio ed esprime la natura bi-direzionale del legame tra il territorio e la produzione del vino a DO.
Lo stesso andrebbe letto in un’ottica di tutela del territorio e considerato non solo alla stregua di norma tecnica di raccolta e lavorazione, ma come base su cui fondare valori paesaggistici e ambientali da tutelare da ipotesi ardite di trasformazione urbanistiche e insediamenti industriali ad alto impatto ecologico (emblematico il caso “Chianche”, territorio costituito da vigneti ricadenti nell’area DOCG Greco di Tufo, nell’ambito del quale la Regione Campania voleva costruire un impianto per il trattamento dei rifiuti).
In tal senso anche l’art. 35 del c.d. Testo Unico Vino che richiede, tra gli elementi obbligatori del disciplinare di produzione dei vini a DOP o IGP, anche la descrizione delle «condizioni ambientali di produzione, in particolare: le caratteristiche naturali quali il clima, il terreno, la giacitura, l’altitudine, l’esposizione». Tale puntuale descrizione ha il fine, ai sensi del Reg. UE 1308/2013, di proteggere gli interessi dei consumatori e dei produttori, oltre a promuovere prodotti di qualità. Ma per raggiungere lo scopo, è necessario che le qualità del prodotto – specie se a DO – siano in grado di esprimere la peculiarità di un determinato ambiente geografico e dei suoi fattori naturali e umani. Più forte è la tutela se tutti questi fattori vengono descritti in maniera accurata e dettagliata – ad esempio facendo riferimento alla qualità dell’acqua, dell’aria, ai caratteri morfologici, chimici e minerali dei suoli – in modo tale da rappresentare un parametro forte per un confronto con eventuale impatto di emissioni, inquinamento ecc.
Per questo motivo è necessario che il Disciplinare di produzione, già nella fase di concepimento, descriva con dovizia di particolari tutti quegli elementi, le cosiddette invarianti ambientali irrinunciabili, che rendono quel particolare luogo un’area vocata alla qualità agroalimentare e vitivinicola. È atto, in tal modo, a divenire uno strumento altamente tecnico e diretto al fine di porre vincoli ambientali.
Nel caso del Greco di Tufo, il relativo disciplinare di produzione descrive puntualmente la composizione chimica e il pH dei terreni, la quantità di azoto dell’humus, il contenuto di anidride fosforica assimilabile dal terreno, i valori di ossido di potassio, la ricchezza di magnesio e altro.
Altri aspetti normativi
Un altro ambito molto importante della normativa vitivinicola che, di frequente, vede coinvolti gli avvocati specialisti del settore, afferisce all’etichetta, che possiamo considerare come la vera e propria carta d’identità del vino. Il testo base è costituito dal Reg. UE 1308/2013 e dal relativo regolamento attuativo Reg. Del. UE 2019/33, oltre che – a livello nazionale –, dal citato Testo Unico sul vino. Di recente si sono aggiunte anche le norme sulla cosiddetta “etichettatura ambientale”, contenute nel Decreto rifiuti del 3 settembre 2020 n. 116, in attuazione della Direttiva UE in materia di rifiuti, imballaggi e rifiuti derivanti da imballaggi. Ciò al fine di facilitare la raccolta, il recupero e il riuso e per dare al consumatore una corretta informazione sulla destinazione degli imballaggi.
Per ciò che concerne l’etichettatura del vino, sono previsti due diversi tipi di indicazioni, facoltative e obbligatorie, tra queste ultime troviamo: la presentazione, la designazione, la denominazione protetta o l’indicazione geografica, il titolo alcolometrico, l’indicazione della provenienza, dell’imbottigliatore, dell’importatore, o, nel caso di vino spumante, il tenore di zucchero. Vi è ancora – nel momento in cui scriviamo – una deroga rispetto alla disciplina generale per gli alimenti che esenta l’etichetta, per adesso, dall’indicazione sia degli ingredienti che del contenuto calorico. Nel contesto di riforma della PAC post 2020 (adottata a fine giugno 2021), si è deciso tuttavia di applicare anche ai vini le norme che impongono di indicare ingredienti e calorie. Quanto alle indicazioni facoltative, esse sono, indicativamente relative alle menzioni tradizionali, ai simboli, ai metodi di produzione, alle eventuali indicazioni sull’abbinamento con il cibo. Dopo questo excursus, forse non sempre è preferibile «degustare segreti» (citando Salvador Dalì), ma cercare di essere informati su come viene fatto il vino e su quanto lavoro, impegno, studio e controllo vi siano dentro ogni calice.
L’UGIVI
L’Unione Giuristi della Vite e del Vino (UGIVI) è un’Associazione indipendente e senza fine di lucro, costituita nel 1997. Fanno parte dell’Associazione avvocati, magistrati, docenti universitari, enologi, personalità ed esperti che hanno acquisito particolari conoscenze ed esperienza nelle materie giuridiche del settore. Scopo dell’Associazione è l’approfondimento degli studi in materia di diritto vitivinicolo nel campo della disciplina comunitaria, nazionale ed internazionale. Nell’ambito dell’attività scientifica associativa, vengono periodicamente organizzati in diverse parti d’Italia, seminari di aggiornamento destinati alle imprese vitivinicole e convegni rivolti a tutti gli operatori del comparto vitivinicolo, per l’approfondimento e la discussione delle tematiche giuridiche di volta in volta più attuali. In occasione dei convegni più significativi, l’UGIVI cura la raccolta degli atti e pubblica dei volumi contenenti le relazioni, in forma estesa, dei partecipanti.
Di recente, l’Associazione ha intrapreso una collaborazione con il Corriere Vinicolo che ospita uno speciale inserto semestrale, a marchio UGIVI, dedicato all’approfondimento del mondo giuridico che ruota intorno al vino, con lo scopo di rendere il diritto vitivinicolo fruibile e fornire strumenti di interpretazione ed orientamento ai non addetti ai lavori. Info: ugivi.org